A scuola i figli dei “lavoratori essenziali”. Assessore di Varese: nessuno sa chi siano

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VARESE – Scuole chiuse solo sulla carta. L’ordinanza regionale che pone tutta la Lombardia in fascia “arancione rafforzato” prevede la didattica a distanza per quasi tutti. E decisivo è proprio quel “quasi”. Perché se le classi rimangono aperte negli asili nidi e per gli alunni con disabilità, un’altra eccezione è data dai figli del personale sanitario direttamente impegnato nel contrasto alla pandemia e da quelli del «personale impiegato presso altri servizi pubblici essenziali». Il problema è che, a oggi, nessuno sa chi siano.

Palazzo Estense: «Situazione orribile, la scuola così è mondo di nessuno»

«È da giovedì – il commento dell’assessore ai Servizi educativi del Comune di Varese Rossella Dimaggio – che lavoriamo su questo tema e allo stato attuale non sappiamo chi lunedì entrerà e chi no. Lavoriamo sull’emergenza da un anno, ma mai ci siamo trovati in difficoltà come in questi giorni. La situazione è orribile, non è mai successo. La scuola così rischia di essere davvero il mondo di nessuno».

L’Ufficio scolastico regionale chiede chiarimenti

Una circolare dell’Ufficio scolastico regionale della Lombardia, firmata dal direttore generale Augusta Celada, parla della necessità di un «indispensabile chiarimento da parte degli organi competenti che consenta di definire univocamente il personale impiegato presso servizi pubblici essenziali titolare del diritto in questione». Stessa domanda è stata avanzata alla Regione da parte di ANCI Lombardia per conto degli assessori ai Servizi educativi dei Comuni e al Ministero dall’Associazione nazionale presidi.

Dimaggio: «Ordinanza rischia di essere fasulla»

«Finché parliamo di personale sanitario e di forze dell’ordine – prosegue Dimaggio – il confine è semplice. È su chi fa “lavori socialmente utili” che si è aperto l’inferno. Perché se ci basiamo sull’elenco dei codici ATECO allora a quel punto tornano in classe tutti e l’ordinanza rischia di essere fasulla. Potremmo basarci sui regolamenti per gli scioperi, ma sono solo opzioni. In realtà nessuno sa come fare. Abbiamo chiuso le scuole in dodici ore per non diventare rossi. Penso sia la prima volta nell’Italia democratica che si lede il diritto all’istruzione. Che è diritto dei bambini, non dei genitori. In base a cosa alcuni vanno e altri no?»

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