“Sergio, Sergio!”. E lui risponde: il futuro è qui

varese mattarella futuro

di Massimo Lodi

Dopo l’inno di Mameli, dalla curva del Palaghiaccio si leva il coro ad accompagnare lo scroscio dei battimani: “Sergio, Sergio!”. Non Mattarella, non presidente. Sergio, uno di loro. Loro sono gli studenti delle scuole di Varese, quelli più piccoli. Infreddoliti, perché lì dentro il clima è da partita di hockey, e però ribollenti d’entusiasmo. Molti l’han fatta a piedi, per raggiungere l’Ice Arena. In fila indiana, lungo il viale Aguggiari, passi lunghi un platano dopo l’altro, dietro a maestri e professori. Ombrelli aperti, zainetti sulle spalle, merenda, borracce. Si va allo stadio, sarà una festa.

E difatti lo è. “Matti” gareggia con pochi altri in popolarità, e non son certo i politici. Rinsalda il vincolo coi ragazzi alla fine dell’inaugurazione del nuovo impianto: selfie e foto di gruppo, sorrisi d’intesa, carezze ai più fragili, pìetas posata sulle carrozzine. Si chiude nel segno della gioventù il Varese-day iniziatosi celebrandola. All’Università dell’Insubria il presidente sintetizza: il futuro è qui, tra voi che vi preparate al meglio per il domani, attingete alle virtù del territorio, arricchite il sapere con la tradizione, guardate lontano un po’ perché ve l’insegnano, un po’ perché ce l’avete nel Dna, questo sguardo.

varese matarella futuro
Massimo Lodi

A proposito di sguardo. Un’occhiata all’indietro, all’epoca precedente la Seconda guerra mondiale, per rammentare: ci fu chi predisse anni folli, ed ebbe ragione. Ma la ebbe anche chi non smarrì la fiducia nel riscatto. Anzi, nella resurrezione. Un modo di collegare il passato al presente (Ucraina e dintorni, emigranti e muri, povertà e miserie) aggiungendo: esistono paesi piccoli e paesi che non sanno d’esserlo, ovvero nessuno riuscirà a farcela da solo di fronte alle sfide d’una rovinosa epoca. Lo capiscano i sovranisti dalla vista corta, lo capiscano gli egemonisti dalla balorda spocchia.

Ci fu il tempo della saggezza europea, che diede vita all’unione dei contrari. Ci dev’essere il tempo del recupero d’un tale spirito. Detto così, en passant e però con tagliente auspicio, tra un’ovazione e l’altra. È la semplicità complessa/il sentire intimo del presidente, che gli permette d’andare al cuore dei problemi e della gente, ripagato dall’affetto nazionale. Altro che retorica.

“Sono contento per questa mattinata a Varese”, conclude gratificato, reduce dalla visita a un ateneo d’assoluta avanguardia e dopo aver ammirato le evoluzioni dei nostri baby-pattinatori e di Carolina Kostner. Riporta alla memoria il Renato Guttuso d’una quarantina d’anni fa, quando il sindaco Gibilisco gli consegnò la pergamena di cittadino onorario, in riconoscenza della “Fuga in Egitto” affrescata accanto alla Terza Cappella del Sacro Monte. Esclamò il maestro di Bagheria: “Dipingere è bello, dipingere a Varese è una cosa meravigliosa”.

Guttuso inquadrava i tramonti di Velate, Mattarella inquadra il tramonto d’una emergenza sanitaria, bellica, economica, sociale che deve arrivare. Non può che arrivare. Però bisogna saper scegliere i giusti colori dell’anima per preparare il paesaggio adatto, la luce acconcia, il tratto sicuro. Solo un’opera d’arte collettiva restituirà all’Italia e all’Europa, all’Occidente e al mondo intero, il capolavoro della solidarietà faticosamente dipinto e sciaguratamente lordato. Non si vede l’ora che la macchia sia finita, ed è una cosa meravigliosa dirlo qui a Varese per voce del capo dello Stato. Il nostro Stato, una volta tanto. Il nostro presidente, una volta di più. “Sergio, Sergio!”, una volta per tutte. Come san capire gli uomini e le cose, i ragazzini che cantano dalla curva del Palaghiaccio.

varese mattarella futuro – MALPENSA24