Tuttofare alla piscina Manara a Busto, era assunto senza tutele: ora vince la causa

Da sinistra: Sara Morigi, Alberto Trevisan e Paolo, il lavoratore che ha vinto la causa

BUSTO ARSIZIO – «Prima sentenza di condanna per Sport Management» per la vertenza sui collaboratori sportivi assunti alla piscina Manara, che nel frattempo è passata al nuovo gestore Forus. Lo annuncia la Felsa Cisl dei Laghi, che ha assistito di fronte al Tribunale di Busto Arsizio l’ex responsabile delle vasche della Manara, che «dopo il danno del Covid, rimasto senza stipendio, aveva vissuto la beffa del mancato rinnovo» con Forus. Ora Paolo, il lavoratore che ha vinto la causa, invita chi è nelle stesse condizioni di precariato ad uscire allo scoperto: «Se non fossi andato dal giudice non avrei mai avuto ragione».

Collaboratore sportivo, ma di fatto dipendente

Paolo era il “tuttofare” della piscina di Sport Management ma era assunto con un contratto privo di tutele. Ora ricorda «una settimana a lavorare alla cassa della piscina con una clavicola lussata», ma anche la «collega che non aveva diritto alla maternità» e «la paura degli altri collaboratori» a protestare. Il caso dei collaboratori sportivi della piscina Manara, gestione Sport Management, era esploso con il primo lockdown per il Covid. Con le piscine chiuse, e i lavoratori di tutta Italia tutelati dalla cassa integrazione, il personale della Manara era rimasto a casa senza un euro, solo con i ristori per i lavoratori dello sport introdotti in un secondo momento dal governo.

Il lavoro in piscina

Addetto alla cassa ai tempi della gestione Agesp, era stato confermato quando, a inizio 2015, era subentrata Sport Management. Ma con un contratto da collaboratore sportivo, con la retribuzione legata alle ore lavorate. Poi col tempo manutentore tre mattine alla settimana, fino a diventare responsabile vasche e, di fatto, tuttofare, visto che per la squadra di pallanuoto di serie A (e in Champions) gestiva i rapporti con gli arbitri e le delegazioni delle squadre in trasferta. «Era l’unico che aveva le chiavi della piscina» sottolinea Sara Morigi, dell’ufficio vertenze della Cisl di Busto.

Il danno e la beffa

«Il Covid ha scoperchiato la situazione di Paolo e di altri collaboratori assunti con il suo stesso contratto» fa sapere Trevisan. Ci sono le proteste in piazza, ma il problema rimane aperto. Nel frattempo Sport Management entra in crisi – è tuttora in concordato – e cede il ramo d’azienda delle piscine agli spagnoli di Forus. Che «si trincerano dietro la legge, che impone di riassumere solo i lavoratori dipendenti – rimarcano i sindacalisti – dopo il danno del Covid per diversi collaboratori ex Sport Management la beffa di non avere nemmeno assicurata la continuità lavorativa».

La vertenza in Tribunale

Paolo è l’unico che ha il coraggio di aprire una vertenza «per il riconoscimento del carattere subordinato del rapporto di lavoro» e va in causa con Sport Management, assistito (gratuitamente) dall’ufficio vertenze della Cisl e dall’avvocato Claudio Pasquini. «Una causa complicata – fa notare Sara Morigi – abbiamo dovuto dimostrare con prove e testimonianze che esisteva un vincolo di dipendenza». Il Tribunale ha dato ragione a Paolo, condannando in via definitiva Sport Management e riconoscendo un risarcimento da 102mila euro, la differenza tra quello che avrebbe dovuto percepire e quanto effettivamente percepito.

La “morale” della vicenda

«Un credito che, vista la situazione di Sport Management, Paolo potrebbe non recuperare – spiega Alberto Trevisan, coordinatore della Felsa Cisl dei Laghi, la sigla che si occupa del mondo del “precariato” – di certo però gli verranno riconosciuti i contributi previdenziali mai versati. Ma soprattutto questa sentenza è un segnale, un messaggio di coraggio per tutti i collaboratori che sono nella situazione di Paolo e che la vivono con rassegnazione. Si può fare, anche con le leggi attuali, come il Jobs Act». Un messaggio, Felsa Cisl, lo recapita anche alla politica. A quella nazionale, affinché porti a termine la riforma della «zona grigia delle collaborazioni sportive», e a quella locale, che con il bando di gestione della piscina «aveva le mani legate, ma non ha mai potuto/voluto intervenire».

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