Alcolici, la protesta di Fipe Varese: «Il nuovo Dpcm massacra bar e ristoranti»

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VARESE – «Cambiano i Dpcm, cambiano i governi, ma la categoria più massacrata resta la nostra». Giordano Ferrarese, presidente di Fipe Confcommercio Varese e consigliere nazionale dell’associazione di categoria, ha contestato senza mezzi termini la concessione all’asporto di alcolici oltre le 18 data a minimarket e enoteche, e non ai bar.

«La strada scelta è la peggiore possibile»

«Se l’intento del nuovo Dpcm era quello di mettere un freno alla movida selvaggia e ridurre gli assembramenti incontrollati del fine settimana, la strada scelta è la peggiore possibile», si legge in una nota diramata ieri, mercoledì 3 marzo, dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi. «Il ministro Speranza continua a identificare il problema nei pubblici esercizi e nei bar, senza rendersi conto che i problemi si creano dove c’è libero accesso all’alcol da asporto. Per questo noi avevamo chiesto di impedire la vendita dopo le 18 in tutti gli esercizi commerciali, almeno nelle zone della movida».
«Confidavamo nelle riaperture serali fino alle 22 nelle zone gialle e fino alle 18 in quelle arancioni. Non solo la nostra proposta è stata bocciata – ha aggiunto Ferrarese – ma ora ci troviamo davanti a questo provvedimento assurdo che continua a penalizzare sempre e solo i nostri imprenditori, al di là delle loro responsabilità».

Una situazione al limite del collasso

«Il livello di sopportazione degli operatori del settore ha oltrepassato ogni limite. La situazione anche nella nostra provincia è a limite del collasso (il calo medio di fatturato supera il 45%), come emerge puntualmente nel confronto tra gli associati di Fipe». Da qui la decisione di rivolgersi direttamente al presidente nazionale della Federazione, Lino Stoppani, al quale viene confermato il sostegno alla battaglia contro le misure contenute nel nuovo Dpcm e al quale, a nome della categoria, vengono sottoposte una serie di richieste da trasferire sui tavoli del confronto istituzionale a livello nazionale.
Tre le aree di intervento, a partire dalla regolamentazione delle attività. Quattro, in questo caso, le istanze: facoltà di poter rimanere aperti dalle 6 alle 22 nel rispetto dei protocolli antiCovid-19; variazione dell’azzonamento disciplinata con massima chiarezza e cambiamenti con preavviso di almeno sette giorni; predisposizione del passaporto per le persone dichiarabili Covid-free in quanto vaccinate; realizzazione di una piattaforma nazionale/app per la comunicazione in tempo reale di notizie certe, controllabili, complete.

«È sempre più difficile guardare avanti»

Queste, invece, le proposte in materia fiscale: introduzione di una disciplina fiscale da mantenere in vigore per tutto il tempo dell’emergenza, che preveda la riduzione delle imposte, l’introduzione dei crediti di imposta su affitti e stipendi per gli occupati non in cassa integrazione, la riduzione delle tasse comunali in proporzione al minor utilizzo dei servizi pubblici; il rinvio a dopo la pandemia della lotteria degli scontrini; la reintroduzione del voucher per i lavoratori intermittenti.
Infine le misure speciali per la riconversione, che per molte aziende sarà quasi un obbligo. «Gli interventi», spiega Ferrarese, «saranno lunghi e costosi. Occorrerà quindi sostenerli con misure fiscali (detrazioni/crediti di imposta) e contributi a fondo perso per gli investimenti necessari». In particolare per la predisposizione dei servizi take-away, per l’installazione di software e app per la gestione della clientela, per la ristrutturazione degli spazi aziendali e per la riconversione delle superfici in base ai nuovi parametri antiCovid. «Come sempre e nonostante tutto», conclude il presidente provinciale di Fipe, «non ci arrendiamo e cerchiamo la forza di guardare avanti, anche se è sempre più difficile».

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