Varese e provincia fine dell’Eldorado economico. Lo studio Liuc lo conferma

Un momento della presentazione dello studio sulle vulnerabilità alla Liuc

VARESE – Un quadro non brillante e sulla quale riflettere con grande attenzione è quello che emerge dal primo Rapporto dell’Osservatorio sulle fragilità e lo sviluppo umano di Liuc e Fondazione comunitaria del Varesotto.

Fine dell’epoca d’oro?

Un duro ritorno alla realtà, anzi a una situazione che, probabilmente fino a pochi anni fa, non era immaginabile o, siccome già s’intravvedeva, in qualche modo lo si pensava (per esorcizzare) lontano. E a tratteggiare la regressione economica (ma anche sociale) di una provincia, la nostra, da sempre considerata punta di diamante per produttività e ricchezze oltre che economica anche culturale e sociale è stato Massimiliano Serati, professore associato di Politica economica e Delegato Terza Missione Liuc: «I primati varesini in termini economici sono venuti meno. Quindi abbiamo qualche problema da gestire. Le difficoltà di natura reddituale si localizzano per lo più nel Nord della provincia e in particolare nella Valceresio e nel Luinese. Mentre le difficoltà di natura sociale emergono nella parte Sud. E qui, infatti, che si segnalano le maggiori criticità».

I passi indietro

Varese è settima per reddito pro-capite con 15.342 euro (il posizionamento è sempre relativo alla Lombardia), quarta per il reddito imponibile per dichiarante a fronte di un’alto numero di residenti (22,3%) che dichiarano meno di 10mila euro posizionandosi al sesto posto. La provincia è poi settima per depositi bancari e postali per famiglie consumatrici. Un numero che peggiora (nono posto) se si considerano i depositi sul totale dei residenti. Basso (0,3%) ma comunque al sesto posto in regione per nuclei che percepiscono il reddito di cittadinanza.

E ancora: nel periodo 2017-20 la crescita del reddito è stata superiore solo alla provincia di Como mentre tra il 2010 e il 2020 è stata una delle province lombarde con la più bassa crescita del valore aggiunto (4,5%). Infine preoccupa il dato della disoccupazione, che è superiore al 6% (dato simile a Monza e Brianza e peggio di solo Como e Pavia) mentre il dato dei NEET, ovvero i giovani inattivi, vede Varese al terz’ultimo posto davanti solo a Como e Cremona.

Alla presentazione del rapporto dell’osservatorio erano presenti anche il prefetto di Varese Salvatore Pasquariello; il presidente di Focova Maurizio Ampollini; il presidente di Fondazione Cariplo, Giovanni Fosti e il Direttore di Caritas Ambrosiana Luciano Gualzetti.

Come recuperare terreno

Uno studio che da un lato ha fatto emergere quanto sia cambiata la geografia, allargando i proprio confini, la geografia delle fragilità in una terra ricca e produttiva come il Varesotto e dall’altro ha posto l’accento sulle ricadute in termini di povertà educativa. E a riflettere sulla connessione economico – sociale è stata Eliana Minelli, professoressa alla Liuc e delegata all’Inclusione. «In quei settori di società in cui c’è povertà materiale, non necessariamente si riscontra anche povertà educativa. In genere però si innescano situazioni di degrado, ovvero si dà vita a quella che possiamo definire una spirale che può allargarsi (e in genera accade) al nucleo famigliare e poi a un intero territorio». “Come spezzare questa spirale?”, questa la domanda alla quale Minelli ha provato a rispondere: «Non con sostegni economici assistenzialisti, strumenti che magari hanno in sé un nobile fine, ma che nella realtà non intaccano quel sistema. E’ necessario invece lavorare sulla filiera istruzione – formazione – lavoro, che significa far leva sulle competenze personali da mettere a sistema in quello che è il raggiungimento del bene comune».