«Sono tornati a casa»: a Varese posate le pietre d’inciampo in ricordo dei deportati

VARESE – «Sono tornati a casa loro, nella loro città di Varese». Così Ester De Tomasi, presidente provinciale di Anpi, ha salutato, con viva commozione, il momento della posa delle pietre di inciampo in ricordo dei quattro partigiani varesini deportati e uccisi nei campi di sterminio nazisti durante la Seconda guerra mondiale. È stato l’atto conclusivo della cerimonia del Giorno della Memoria celebrata a Palazzo Estense.

La posa

Alla posa erano presenti anche i parenti dei quattro deportati varesini, i cui nomi da oggi, venerdì 27 gennaio, si possono leggere sul marciapiede di via Sacco davanti all’ingresso di Palazzo Estense, la casa di tutti i varesini. Così hanno voluto proprio i discendenti, per far sì che i quattro amici in vita restassero uniti e legati nel ricordo perpetuo. I loro nomi sono Luigi Morellini, Attilio Paolo Vergani, Calogero Marrone e Mario Molteni. La cerimonia si è svolta con una simbolica “catena”: la presidente di Anpi De Tomasi ha consegnato le pietre al vicesindaco Ivana Perusin, che a sua volta le ha passate ai giovani studenti varesini che le hanno infine date al posatore.

Le medaglie d’onore

La cerimonia della posa delle pietre d’inciampo ha concluso la mattinata in Salone Estense, che ha visto anche il momento della consegna delle medaglie d’onore alla memoria. Hanno ritirato il riconoscimento i familiari degli insigniti: Angelo Banfi, Angelo Cedro, Francesco Pozzi, Carmine Salomone, Pierino Sartoris, Adelmo Turrini e Santo Zanrosso. In apertura l’intervento del presidente della Regione Attilio Fontana. «Soprattutto i giovani – ha detto – devono guardare a quegli eroi come a persone uguali a noi, persone che hanno avuto ben chiara e precisa la volontà di affermare la legge morale che deve essere in tutti noi. Bisogna avere il coraggio di sfidare qualunque potere per difendere i principi sui quali è fondata la civiltà. E ognuno di noi lo può fare».

Anche Samarate ricorda

In provincia, anche Samarate ha posato una pietra d’inciampo, in piazza Italia. Per rendere omaggio al cittadino Amedeo Magnaghi, nato nel 1893 e deportato a Mauthausen nel marzo 1944. Dove fu assassinato il 6 gennaio 1945.

Le parole del sindaco Enrico Puricelli: «Ricordare Amedeo Magnaghi vuol dire restituirgli il nome e la visibilità di cui era stato privato. E simbolicamente significa riportare alla memoria anche tutte le vittime di questa immane tragedia. Le pietre oggi siano davvero un inciampo di fronte al quale i nostri occhi, le nostre menti, i nostri cuori non possano e non debbano far finta di niente». E ancora: «Siamo qui insieme per non essere indifferenti all’odio. Occorre aprire gli occhi e imparare a coltivare e a tramandare la memoria storica».