Varese, accusati di usura ed estorsione: sono stati assolti dopo 10 anni

VARESE – «Un processo che nasce dal nulla e che ha portato al nulla». Un «film che non è mai stato scritto». E’ riassunta nelle frasi pronunciate nelle loro arringhe dagli avvocati della difesa Monica Andreetti e Giuseppe Cannella la conclusione di una vicenda giudiziaria legata alle accuse di usura ed estorsione contestate a tre imputati, assolti dal Tribunale di Varese nella giornata di oggi, 21 dicembre, a distanza di oltre dieci anni dai fatti, avvenuti tra Varese, Comerio e Castronno. Vicenda datata, ma che per la sua genesi e i suoi sviluppi forse un film avrebbe davvero potuto ispirarlo.

Il ricco imprenditore

Tutto era iniziato dalle difficoltà economiche dell’uomo poi diventato persona offesa nel procedimento, che per tirare avanti si era rivolto ad un facoltoso imprenditore svizzero, conosciuto tramite la moglie, chiedendogli un prestito. Circa 30mila euro, che l’uomo avrebbe dovuto restituire nel giro di un mese, salvo poi stabilire un “piano di rientro” con la sottoscrizione di 29 cambiali da mille euro.

I creditori

Quando l’imprenditore si è accorto che quei soldi faticavano a rientrare, ha deciso di lasciare il credito a tre suoi collaboratori. Una sorta di regalo che è però l’origine dei guai, e delle accuse di estorsione e usura contestate ai tre per le modalità con cui avrebbero cercato di riscuotere – con gli interessi – il denaro.

Le richieste del pubblico ministero

Questa la sintesi della storia, che ad ogni modo «nasce in un contesto non chiaro», ha sottolineato nella sua requisitoria il pubblico ministero, che proprio per questo motivo ha chiesto per primo l’assoluzione di due dei tre imputati, per via dei dubbi emersi dal dibattimento sulla loro effettiva consapevolezza del piano messo in atto per estorcere i soldi alla vittima, facendole temere il peggio a suon di minacce. E alla fine il magistrato ha chiesto una sola condanna, a 5 anni e 6 mesi di reclusione, per l’uomo considerato il mandante dell’estorsione. Accusa riqualificata dai giudici in “esercizio abusivo delle proprie ragioni”, e caduta per mezzo della prescrizione.

Le difese

Prima del verdetto i legali degli imputati hanno respinto la tesi dell’usura – poi venuta meno perché “il fatto non sussiste” – citando i tassi in vigore all’epoca dei fatti. I difensori hanno inoltre posto l’attenzione sul comportamento della vittima, che aveva più volte incontrato due degli imputati all’esterno di un autogrill di Castronno, allo scopo di sanare parte del debito e restituendo – a suo dire – circa 12mila euro. Una persona descritta come “debitore cronico”, a causa dei suoi trascorsi, dall’avvocato Marco Mainetti che ha rappresentato la difesa insieme ai già citati colleghi Andreetti e Cannella, e che ha specificato che l’uomo «per ottenere un prestito non si è rivolto ad una banca, come farebbe una qualsiasi persona, ma ha cercato di ottenere il denaro attraverso altre strade». Entrando così in contatto con il ricco imprenditore.

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