VISTO&RIVISTO Amsterdam, oltre a Bale poco o niente

minchella visto rivisto russel

di Andrea Minchella

VISTO

AMSTERDAM, di David O. Russell (Stati Uniti- Canada 2022, 134 min.).

Sono lontani i tempi di “The Fighter” in cui David O. Russell riusciva a raccontare una storia vera, certo, ma riuscendo a trasformarla in una preziosa e poetica epica della vita, grazie alla magia e al tocco unico che pochi autori hanno. In quel caso un irriconoscibile Christian Bale ed un Mark Wahlberg, mai tanto centrato in un ruolo drammatico, sprigionavano, grazie anche ad una sceneggiatura perfetta e ad una grammatica e ad uno stile annodati tra loro da un montaggio equilibrato e serrato, una pellicola che ancora oggi sembra schietta e forte come la vita, in fondo, è con noi. La narrazione diventava un flusso di coscienza che ci travolgeva facendoci sentire un elemento attivo del rapporto difficile tra i due fratelli Micky e Dicky.

Tutto questo non accade in “Amsterdam” in cui la sola bravura, al di là di ogni aspettativa, del camaleontico Christian Bale non riesce a sorreggere una storia mal scritta e diretta peggio. Lo sviluppo narrativo deciso dal regista è equiparabile ad una scrittura in cui la penna non viene mai staccata dal foglio. Il risultato è una sorta di linea continua che annoia e fa perdere spesso il filo della storia.

“Amsterdam” sembra un film di Wes Anderson venuto male. Per realizzare un film alla “Anderson” bisogna tenere sotto controllo ogni elemento della realizzazione del film. La storia, la sceneggiatura, gli attori, il montaggio, e la visione continua del progetto come fosse un’entità diversa ed indipendente da tutti gli elementi presi singolarmente, devono essere aspetti che vanno collegati in un unico flusso narrativo che non perda mai il ritmo né il senso. Se alzi il livello della grammatica, del lessico e dello stile che utilizzi per raccontare la tua storia, devi prestare maggiore attenzione nella fase di realizzazione e nella fase finale in cui si dà forma e vita a tutto il lavoro fatto. Se non si riesce a elaborare e rielaborare un prodotto originale e fluido il rischio è, come avviene in “Amsterdam”, di firmare un film avvincente, sulla carta, ma complicato e, a volte, difficile da seguire, nella realtà della sala. Le sequenze sembrano slegate una dall’altra e la storia in diversi punti sembra ripetersi e arrotolarsi su sé stessa. Ci si chiede troppo spesso dove il regista vuole arrivare. L’unico momento interessante del film arriva dopo quasi due ore interminabili di scene ben fatte, certo, ma scollegate tra di loro.

Il bravo Robert De Niro, che arriva, appunto, verso la fine, sembra essere il protagonista di un cortometraggio, ben fatto, che svela quasi tutti i punti interrogativi che si susseguono per la gran parte del film. La fluidità narrativa degli ultimi dieci minuti non si intravede, purtroppo, nelle le due ore precedenti.

La storia, in parte vera, da cui è tratta la pellicola, avrebbe potuto essere raccontata in maniera totalmente diversa. La bravura degli attori, Margot Robbie, John David Washington, Rami Malek, Anya Taylor-Joy, e molti altri, non riesce a sbloccare la bidimensionalità del ritmo della narrazione. Probabilmente un autore come Wes Anderson avrebbe focalizzato la sua visione su aspetti e su dinamiche più adatti a far sviluppare una complessa e corale esigenza narrativa.

Vale la pena estrapolare da questo confuso e noioso progetto di O. Russell la capacità recitativa di Bale che qui ci regala un personaggio tridimensionale che avrebbe potuto benissimo muoversi in un film diretto da Wes Anderson. il medico folle ma sincero di “Amsterdam” va ad aggiungersi alla variegata e preziosa serie di personaggi che Christian Bale ci ha regalato in questi anni.

***

RIVISTO

GRAND BUDAPEST HOTEL, di Wes Anderson (Stati Uniti- Germania 2014, 99 min.).

Forse il più completo ed equilibrato film di Wes Anderson. Una carrellata di bravi attori, prima, e di complessi personaggi, poi, che si incastrano perfettamente in una storia originale, come sempre, che ci porta, grazie alla straordinaria capacità visionaria di Anderson, in una proiezione magica e trascendente del mondo che ci circonda.

Come quasi tutti i film di Anderson, anche questo sembra essere completamente svincolato ed emancipato dall’epoca in cui è stato realizzato. Grandioso.

minchella visto rivisto russel – MALPENSA24