VISTO&RIVISTO Complesso ritratto sul ritmo della vita, dell’arte e del potere

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di Andrea Minchella

VISTO

TAR, di Todd Field (Stati Uniti- Germania 2022, 158 min.).

Dalla prima inquadratura capiamo dove e come Todd Field vuole portarci. Il film che stiamo per guardare non sarà banale né convenzionale. Dopo la prima inquadratura, infatti, per circa cinque minuti appaiono quelli che di solito sono i titoli di coda. In modo che lo spettatore capisca quanto sacrificio e quanta professionalità ci sia dietro un’opera come questa. Dunque Field ci catapulta in una pellicola rivoluzionaria e sovversiva in cui ogni inquadratura viene studiata magistralmente e viene miscelata in un vortice stilistico che muta a seconda di quello che viene filmato. Assistiamo con “Tar” ad una viscerale e schizofrenica analisi del mondo dell’arte e del potere che ne deriva. Field non si ferma alla superfice ma insiste sulla difficoltà di essere donna e potente, sul pericolo di sentirsi onnipotente e al di sopra della legge e della morale.

Lydia Tar è una delle più importanti direttrici d’orchestra del mondo. La sua vita si dipana tra interviste “plenarie”, concerti, presentazioni di libri, premi, registrazioni, lezioni. La sua vita privata si incastra pericolosamente con la sua vita professionale che si snoda tra Berlino, dove dirige la Filarmonica di Berlino e dove vive, e il resto del mondo che attende con ansia ogni sua mossa. La sua compagna, prima violinista dell’orchestra tedesca, e la figlia Petra sono la sua famiglia ma Tar confonde continuamente e in maniera nociva la sua vita privata e la sua carriera pubblica. Ma non solo. Il desiderio di sovrastare cose e persone della sua cerchia la mette spesso in condizione di pericolo rendendola indifesa e fragile nei confronti delle persone che si sentono sfruttate dall’ inarrestabile donna. Tar è una donna potente nel complesso mondo dell’arte, nella maschile e misogina industria della musica classica. Il potere è pericoloso da maneggiare soprattutto se devi dimostrare sempre di più. La deriva e la follia sono germi sempre pronti ad attivarsi e a mettere in pericolo una carriera intera fatta di successi e di traguardi difficili es estenuanti.

Todd Field, dopo quasi vent’anni dal suo ultimo film (questo è il suo terzo film), decide di realizzare un’opera gigantesca in cui i diversi registri grammaticali e stilistici si fondono per dare vita ad un flusso narrativo unico e profondamente intimo. Il ritratto che il regista fa della donna è un ritratto sincero e doloroso. Field non vuole rimanere sulla superfice della stereotipia ma decide di inoltrarsi nell’anima della protagonista mettendo in luce l’ancestrale difficoltà di far combaciare la vita privata con quella pubblica, il successo con l’umiltà, il desiderio con la ragione. Anche lo spettatore viene travolto da questa analisi drammatica perché le difficoltà di Tar sono anche le difficoltà di tutte quelle persone che vivono una vita complessa, carica di contraddizioni che difficilmente riescono a convivere.

Todd Field scrive e realizza questa pellicola pensando fin dalle prime battiture del soggetto a Cate Blanchett. Infatti “Tar” sembra essere un racconto vero, di una vera Lydia Tar, il cui volto è proprio quello dell’attrice australiana. Lo sguardo, le mosse, le parole, i sospiri, sono veri e reali perché solo Cate Blanchett avrebbe potuto farli. Giustamente candidata agli Oscar, la Blanchett sembra aver compromesso definitivamente la sua capacità attoriale per questo difficile ruolo. Perché e impossibile credere che la brava attrice non abbia dovuto sacrificare qualcosa della sua anima per aver interpretato un personaggio così enigmatico e in una maniera tanto convincente. L’immedesimazione di Cate Blanchett con la musicista è impressionante e quasi spaventosa.

Più che un film, “Tar” è un’esperienza necessaria che ci mette davanti le molteplici sfumature di cui la vita è fatta. Il giudizio spesso è affrettato e terapeutico per la nostra tranquillità. Todd Field cerca di mostrarci come la vita, anche la nostra, sia anche una faccenda declinata al giudizio e all’analisi del mondo che ci circonda.

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RIVISTO

IL CONCERTO, di Radu Mihaileanu (Le Concert, Russia- Francia- Italia- Belgio- Romania 2009, 120min.).

Un intenso ritratto sul potere del riscatto e sulla delusione. Un film che racconta la musica come liquido amniotico delle anime sensibili e gentili.

Una Russia ottusa ma capace di esprimere artisti grandiosi fa da sfondo ad una commedia leggera che non annoia e che regala, anzi, intensi momenti di relazioni umane sincere e terapeutiche. Da rivedere e da riascoltare.

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