VISTO&RIVISTO Se non hai legami familiari, non hai nulla da perdere

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di Andrea Minchella

VISTO

SECRET LOVE, di Eva Husson (Mothering Sunday, Regno Unito 2021, 110 min.).

Di proibito e di segreto c’è ben poco. “Secret Love”, misteriosamente tradotto in italiano con un titolo in Inglese (il titolo originale è” Mothering Sunday”), è uno di quei film abbastanza inutili fatti per strizzare l’occhio ad un pubblico disattento che viene attratto al cinema con la apparente promessa di assistere a qualche cosa che, in realtà, viene quasi sempre disatteso. In questo caso la “promessa” della giovane regista francese è quella di assistere ad un racconto “alla Downtown Abbey”. In realtà la pellicola a cui assistiamo è una piatta e banale storia d’amore che si svolge nell’Inghilterra dei primi del novecento, in una delle sontuose case come quelle che si vedono in “Downtown Abbey”, ma che nulla ha a che fare con le storie e con l’intensità dei personaggi della famosa serie, prima, e dei due film, dopo, che ruotano attorno la famiglia Crawley.

Il tentativo della Husson di trasformare il romanzo di Graham Swift in un bel film si sgretola contro una sceneggiatura piatta ed un flusso narrativo che fatica ad emanciparsi da un ritmo eccessivamente lento e da un’atmosfera indefinibile non per scelta artistica ma più per un’incapacità di fissare e raccontare personaggi e scene in maniera personale ed originale. Al di là di una armonica ed efficace descrizione di particolari dei corpi dei due protagonisti, con una grammatica di inquadrature ben riuscita e minuziosamente realizzata, la storia si perde dietro una retorica di gesti e simboli che spesso invadono pellicole di genere senza riuscire a fare sviluppare una vicenda intensa e strutturata. La dilatazione del tempo, grazie ad un buon gioco di luci realizzato dal direttore della fotografia, rimane un colpo inesploso da parte della regista che non riesce ad imprimere al progetto una dose rilevante e necessaria di analisi e rielaborazione delle emozioni che vivono, in maniera diversa, i due protagonisti.

Jane e Paul si amano segretamente e per troppo poco tempo. La loro relazione, che dovrebbe tenere unita l’intera narrazione, si sfibra a favore di una ricerca quasi patologica del dettaglio, del corpo soprattutto, che possa diventare iconografia di quell’amore proibito. I due si incontrano, stanno insieme, si parlano, si amano, in uno spazio stretto e vuoto. La casa di Paul, figlio di benestanti inglesi, diventa l’ultimo rifugio del loro amore nascosto e segreto.

I due attori, Josh O’ Connor e Odessa Young, riescono solo in parte a costruire l’intenso rapporto che si sviluppa tra i due. La mancanza di una sceneggiatura articolata e profonda lascia i due protagonisti come ombre di qualche cosa di incompiuto. Il viso della Young, poi, forse non riesce completamente a soddisfare le caratteristiche che Swift aveva pensato per il personaggio di Jane. Un viso troppo moderno, forse, non riesce ad accentrare emozioni e sensazioni di un’epoca antica.

Forse una pre-produzione più attenta ed elaborata avrebbe potuto dare vita ad un progetto più originale e certamente con maggiori spunti per una riflessione seria e sincera su un amore difficile e proibito tra persone di diverso ceto, in un’Inghilterra chiusa e conservatrice come lo era quella dei primi del novecento. Una sceneggiatura più densa e più audace avrebbe certamente aiutato la giovane regista a realizzare un ritratto più autentico ed appassionato di una storia d’amore impossibile ma profondamente potente.

Tanti i temi sfiorati, come quello dell’impossibilità di non soffrire se si hanno legami familiari. Solo non avendo legami con nessuno ci si può proteggere da sofferenze e dolori che rischiano di compromettere seriamente la nostra lucidità e la nostra fragile esistenza. Il rapporto intimo con qualcun altro ci sottopone, quasi sempre, sia alla gioia che alla sofferenza di una probabile e prossima perdita.

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RIVISTO

MISS JULIE, di LIV ULLMANN (Norvegia- Regno Unito- Irlanda- Francia 2014, 129 min.).

Un lavoro certamente con qualche sbavatura e difetto grammaticale. Una regia difficile per la musa di Ingmar Bergman che con questo progetto decide di realizzare un claustrofobico e snervante racconto di un amore potentissimo ma impossibile.

Colin Farrell e Jessica Chastain riescono a dare vita ad un duello dialettico senza precedenti. La sensualità e la profondità della sceneggiatura avvolge completamente la cucina in cui si svolge l’intera vicenda. Vale la pena ritrovarlo.

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