VISTO&RIVISTO Un ritratto spiazzante sulla fragilità dell’Occidente

minchella november bataclan

di Andrea Minchella

VISTO

NOVEMBER- I CINQUE GIORNI DOPO IL BATACLAN, di Cédric Jimenez (Novembre, Francia- Belgio 2022, 106 min.).

I francesi ci sanno fare. Non hanno nulla da invidiare ai “cugini” americani quando decidono di realizzare un film d’azione e adrenalinico. Ma questo “November” è qualcosa di più di un film “poliziesco”. Il bravo Cédric Jimenez, molto legato alle storie di polizia francese, decide di mettere in scena la complicata situazione che la Francia intera si è ritrovata a vivere subito dopo gli attentati del 13 novembre, quando diversi commando terroristici attaccarono Parigi. In poche ore l’incubo peggiore per un paese occidentale si concretizza nel modo più violento e sanguinario. Nei ristoranti gremiti di giovani e nel teatro “Bataclan”, dove si stava tenendo un concerto rock, ragazzi giovanissimi con i Kalashnikov tra le braccia trasformarono Parigi in un cimitero urbano.

Nel giro di pochi attimi le strade della capitale francese si trasformarono nelle trincee di cemento di una guerra che l’Europa non ha mai dichiarato ma di cui spesso subisce gli attacchi più sorprendenti e più cruenti. Dopo la Spagna e l’Inghilterra, anche la Francia diventava un fragile obiettivo del complesso mondo terroristico medio orientale. Ma la cosa che ferì maggiormente una nazione già colpita in maniera così profonda fu quella di scoprire che molti degli attentatori avevano un passaporto francese, erano cioè nati e vissuti in quella città che un giorno avrebbero deciso di annientare.

Il film, che non fa vedere nemmeno una vittima di quella interminabile notte, ripercorre le ore convulse subito dopo l’attacco. In maniera schietta e disarmante il regista francese inanella, sequenza dopo sequenza, la predominante impreparazione che la polizia e i servizi segreti dimostrarono. Mentre i terroristi stavano ancora sparando tra la gente, il centro di comando della polizia di Parigi non riusciva nemmeno a delimitare l’area d’attacco. Subito è chiaro che gli attentati vengono commessi da commando che da tempo si stavano preparando. Ma l’individuazione di tracce o di prove diventa una snervante corsa contro il tempo per scongiurare altri eventuali attacchi che avrebbero potuto mettere in ginocchio la capitale francese e i suoi inefficaci anticorpi.

Il racconto è lineare e continuo come un respiro senza interruzione. La macchina da presa spesso sulla spalla ci trasmette l’angoscia dei personaggi e ci fa sentire protagonisti di una vicenda, quella investigativa, che pur piena di lacune è stata condotta con dedizione e illimitato senso civico da parte di migliaia di poliziotti increduli e martoriati nell’animo.

Il tentativo di una nazione ferita di individuare il nemico diventa una sceneggiatura perfetta su cui il regista poggia l’intera opera. Il montaggio agglomera la pellicola trasformandola in un flusso continuo di immagini cupe e buie in cui le squadre speciali fanno irruzione nelle anonime case di tutti quelli che, direttamente o indirettamente, hanno avuto a che fare con il massacro. Ma la paura che quelle operazioni non siano sufficienti a mettere in salvo Parigi si intravede negli occhi di Fred e di Héloise che cercano di portare avanti le indagini tra mille dubbi, diversi errori e un pregiudizio strisciante che acceca e fa sbagliare direzione. La combattiva e giovane Inès, invece, sembra essere più coinvolta ma l’errore di seguire solo l’istinto, che in questi casi spesso è cattivo consigliere, la porta in un vicolo cieco che mette in pericolo anni di indagini sotto copertura.

Dunque “November” è ben fatto e vale la pena guardarlo al cinema dove ogni effetto visivo e sonoro viene magistralmente esasperato. Anche in questo caso il racconto ci lascia spiazzati se davvero chi ci dovrebbe proteggere fonda le sue capacità di difesa anche su enormi lacune investigative, sull’istinto di reazione e su una dose di pregiudizio inutile e dannosa.

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RIVISTO

MUNICH, di Steven Spielberg (Stati Uniti 2005, 163 min.).

Spielberg confeziona il suo film più difficile. Ripercorre la fredda e agghiacciante operazione del Mossad in risposta agli attacchi terroristici durante le Olimpiadi di Monaco del 1972. Eric Bana capeggia un commando spregiudicato e senza remore mandato da uno Stato che decide di non perdonare ma di cacciare e di annientare il suo nemico.

Una vicenda che non si è mai veramente conclusa e che ancora oggi lascia tracce e segni in una terra e in un popolo perennemente in guerra.

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