Zaia, Lega e centrodestra: appello alla modernità

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Luca Zaia, presidente leghista del Veneto

di Massimo Lodi

Luca Zaia respinge il ventilato proposito di Salvini. Non si candiderà al Parlamento. Le cose per bene van fatte una alla volta: lui governa il Veneto e continuerà nell’impegno istituzionale. Sulla stessa linea di pensiero, pur non esplicitata allo stesso modo, Massimiliano Fedriga, che sovrintende al Friuli Venezia Giulia. Idem Attilio Fontana, titolare della Lombardia, che poteva esser l’unico interessato al trasloco a Roma, rischiando a Milano di dover lasciare il posto alla Moratti nelle regionali di primavera. Meloni e Berlusconi gliela preferiscono, e se il 25 ottobre Salvini perdesse la sfida interna al centrodestra, dovrebbe inchinarsi al volere degli alleati. Fontana rimarrebbe senz’acqua elettorale.

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Massimo Lodi

Ma Zaia, in un’intervista alla Stampa, dice di più. Molto di più. Lancia una sorta di manifesto di nuova Lega, di neo-destra, di New liberal party. Cioè d’europeismo sprovincializzato degli eredi di Bossi. Testuale: il centrodestra deve cambiare pelle rispetto a trent’anni fa, sia più inclusivo e attento ai mutamenti, libero dai complessi d’inferiorità sul versante culturale, dai tabù in materia di diritti, nuove famiglie e sessualità. “L’omosessualità non è una patologia, l’omofobia sì. Questione di libertà e di rispetto, chi non lo comprende è fuori dalla storia”.

Esternazione da leader. Sia della Lega sia d’una futura intesa tra alleati improntata al realismo: conservare va bene, ma con occhio alla società in evoluzione. Tema che salirà di colpo alla ribalta qualora Salvini ottenesse un risultato deludente fra quaranta giorni. I leghisti critici sulla decisione del segretario di far cadere Draghi reclamerebbero subito un congresso e lì tutto potrebbe accadere. Sicché l’uscita di Zaia può essere letta: 1) come una dissociazione di responsabilità nel caso di débâcle; 2) come l’annuncio, solo velatamente criptico, della sua candidatura al ruolo di traghettatore del leghismo nella contemporaneità deideologizzata; 3) come il suggerimento a valutare l’esistenza d’una terzia via, d’un nome altro e anche un po’ alto, fra Salvini e Meloni.

L’idea è di guardare avanti. Scandendo parole affilate, il Doge spiega che “…non si governa sondaggi alla mano, bisogna pensare alle nuove generazioni invece che alle prossime elezioni”. Toni da statista nel momento in cui la musica sui tanti versanti della politica suona statica fra propagandismi, speculazioni, gaffe (l’ultima, stupefacente, del Berlusconi presidenzialista su Mattarella). Qualcosa vorrà pur significare, perché il personaggio – Zaia, mica Berlusconi – non chiacchiera a caso. Specialmente quando si rivolge alla gente di casa.

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