Rivoluzione in Accam: per sopravvivere deve diventare una multiutility

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BUSTO ARSIZIO – Accam non è più in house. E forse non lo è mai stata. La formula di gestione della società che si occupa dell’impianto di Borsano sarà uno dei temi caldi della prossima assemblea dei soci, in programma in prima convocazione per lunedì mattina e in seconda convocazione per martedì alle 17 in Accam. Una presa d’atto che rappresenta un punto di rottura netto e pone in maniera ancor più urgente il tema di cosa potrebbe diventare Accam.

Dubbi sciolti

Quello relativo alla formula di gestione della società è stato un tema che ha tenuto banco per diversi mesi. A lungo, infatti, CdA, Comuni soci e la politica si sono confrontati sull’in house o meno della società. Per risolvere il dilemma è stata anche formulata un’istanza inviata al Primo ministro (quando Giuseppe Conte guidava il governo giallo verde). E rispetto alla quale non è ancora giunta risposta.

A dissolvere però il dilemma innescato dalla Legge Madia e dalla sua interpretazione sono proprio le percentuali. Secondo la normativa, infatti, si può parlare di gestione in house nel momento in cui l’80 per cento del fatturato della società è garantito dai soci. Soglia in realtà mai raggiunta dalla composizione societaria del termovalorizzatore. Già, perché i dati hanno sempre parlato di un 70 per cento garantito dai soci e di un 30 da “clienti” esterni. Valori che, secondo le ultime verifiche sono ulteriormente cambiati, abbassando la fatturazione dei Comuni di Accam (attorno al 64%) e allargando di fatto la forbice dei valori utili per una gestione in house. Da qui, ma la cosa dovrà essere confermata nella prossima assemblea, la presa d’atto di “dire addio” all’in house.

I dubbi da sciogliere

E’ chiaro che questo passaggio apre una serie di scenari e mette sul tavolo altrettante complicazioni. La prima è quella relativa al fatto che, tramontato l’in house, più nessun socio potrà conferire direttamente i rifiuti da smaltire. In altri termini si dovrà aprire la stagione dei bandi di gara. Che ogni Comune socio dovrà attivare. Insomma una vera rivoluzione. E che per essere portata a compimento necessita di una convenzione ponte tra Società e Comuni che possa garantire e assicurare il conferimento per tutto il periodo necessario all’espletamento dei bandi di gara. Che richiedono una serie di passaggi amministrativi e anche politici nelle giunte e nei consigli comunali. Anche Accam, da parte sua, si dovrà attrezzare per affrontare questo delicato passaggio e istituendo un “ufficio bandi” in grado di seguire le procedure richieste.

Il futuro è un’ipotesi

La presa d’atto di non essere in house da un lato stravolge le modalità di gestione, ma dall’altro apre a nuove possibili prospettive accelerando la volontà di cambiamento manifestata in una delle ultime assemblee. In ballo c’è sempre il futuro della società e la sostenibilità economica di Accam. Che a questo punto dovrà necessariamente cambiare. Dato per appurato che l’obiettivo più immediato (e a questo punto non scontato) è quello di confermare numericamente gli attuali soci e allargare ad altri, la vision a più ampio respiro suggerisce di ragionare su un ventaglio più ampio di servizi.

Non più solo smaltimento e incenerimento quindi, bensì l’intero ciclo di trattamento dei rifiuti, compresa la raccolta. Un servizio che al momento è garantito e gestito sul territorio dalle partecipate Agesp, Amsc e Amga. E alla quali Accam sta guardando con particolare attenzione, tanto che c’è chi ha tirato fuori dal cassetto il piano di aggregazione delle tre grandi partecipate, ipotizzato già qualche anno fa. E che ora non si può limitare alle società che fanno riferimento ai Comuni soci più grandi, ovvero Busto, Gallarate e Legnano. Insomma un vero e proprio stravolgimento rispetto a come è stato condotto fino a oggi Accam e che potrebbe ridisegnare la società come una multiutility.

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