E’ subito possibile avventurarci in un primo commento sull’esito del referendum costituzionale per il taglio dei parlamentari. Risultato in linea con i pronostici, che davano appunto i Sì in netto vantaggio rispetto al fronte dei No. I favorevoli alla sforbiciata al numero di deputati e senatori si avvicinano al 70 per cento, che se non è un plebiscito poco ci manca. Un numero che dovrebbe mettere al riparo il governo da contraccolpi, quanto meno su questo argomento: altro è il discorso relativo alle amministrative, altri saranno gli effetti alla conta finale.
Gli italiani, perlomeno coloro che si sono recati alle urne, più o meno la metà degli aventi diritto al voto, si sono espressi per il dimagrimento degli eletti nelle istituzioni. Un segnale che in qualche modo è in linea con le indicazioni dei partiti che hanno varato la legge di revisione costituzionale che prevede la riduzione di 230 (su 630) seggi alla Camera e di 115 (su 315) seggi elettivi al Senato. Nulla di sorprendente, quindi. Nulla che si discosti dalla diffusa convinzione che la Casta debba essere ridimensionata a tutto tondo. Il primo passo è appunto la riduzione numerica dei rappresentanti nei due rami del parlamento. Il messaggio è inequivocabile: basta privilegi. Ma ora occorre approvare al più presto una nuova legge elettorale, che permetta di ridisegnare anche i collegi. Insomma, se si votasse domani mattina verrebbe riconfermato l’attuale assetto numerico di Camera e Senato, in attesa del nuovo impianto elettorale.
A questo punto c’è da domandarsi se il centrodestra, soprattutto, avesse tenuto un atteggiamento meno ambiguo – prima tutti schierati per il Sì, poi pronti a sponsorizzare anche se sottotraccia il No – il referendum avrebbe avuto loo stesso sbocco. Discorso che nella circostanza è irrilevante, al contrario del fatto che, ridotti nel numero deputati e senatori, il nodo è pur sempre un altro: la loro selezione, cioè la qualità della classe politica. E, in questo, la possibilità che siano i cittadini a sceglierli con le preferenze, non certo con liste bloccate e decise dalle segreterie.
Resta da affrontare il tema politico. Indubbio che i Cinque Stelle abbiano ottenuto ciò che si prefissavano, cioè il successo dei Sì. E, con loro, festeggia il Partito democratico, l’alleato principale di governo. Cinque Stelle e dem viaggiano al riparo da brutte conseguenze perlomeno nella forma, per quanto riguarda il risultato del referendum. Se lo aspettavano, certo. Ma soltanto i dati ufficiali hanno sciolto dubbi e preoccupazioni. Adesso però tocca a loro varare una legge elettorale che li metta d’accordo e convinca i riottosi partiti d’opposizione. E, questa, si annuncia come una vera e propria impresa.