Rapine al supermercato di Cadegliano: banditi incastrati dalle foto su Facebook

CADEGLIANO VICONAGO – Sei anni di reclusione e 2000 euro di multa chiesti per ciascuno dei tre imputati – un 31enne, un 27enne e un ragazzo di un anno più giovane – a processo per le due rapine messe a segno al DPiù di Cadegliano Viconago nel febbraio e nel giugno del 2020.

Indizi decisivi

Il pubblico ministero, davanti al collegio del Tribunale di Varese, ha parlato di indizi gravi, precisi e concordanti in merito alle responsabilità dei tre per la rapina di giugno, che si era conclusa con un bottino di 5mila euro finito nelle mani di due malviventi. I rapinatori si erano presentati a volto coperto nel parcheggio del supermercato, dove uno dei due, pistola in pugno, si era fatto consegnare un sacchetto, contenente l’incasso di quella mattina, da un dipendente dell’esercizio che accompagnato da due colleghi stava per recarsi in banca a versare il denaro.

La svolta nelle indagini

L’analisi delle telecamere presenti in paese aveva dato una svolta alle indagini, ha ricordato il pm, mettendo i carabinieri sulle tracce di uno dei presunti responsabili del colpo, che a casa aveva una moto dello stesso modello di quella che sarebbe stata utilizzata nella rapina, e vestiti riconducibili a quelli indossati dai rapinatori: giubbotto e scarpe presenti anche in alcune foto pubblicate su Facebook, e nelle quali gli imputati compaiono insieme.

Il basista

Due, per l’accusa, gli esecutori materiali della rapina, che sarebbero stati agevolati da un basista, il terzo imputato, all’epoca dipendente del supermercato di Cadegliano. Il giovane avrebbe fatto finta di subire la rapina di giugno, dando ai complici tutte le informazioni necessarie per non fallire il colpo.

I dubbi degli avvocati

I tre si conoscono, sono amici d’infanzia. Un fatto mai messo in discussione durante il processo, al termine del quale però le difese – rappresentate dagli avvocati Fabio Fiore, Alberto Caleffi e Vera Dall’Osto – hanno messo in fila tutti i loro dubbi sullo schema descritto dalla procura. Nessuno ha visto in faccia i rapinatori, troppo generici i riferimenti ai vestiti indossati il giorno della rapina, e un legame d’amicizia non può essere la conferma della complicità in un reato così grave. Questi, in sintesi, alcuni dei concetti espressi dai legali nelle loro arringhe.

I cellulari

Ma per il pm che ha chiesto le tre condanne (e l’assoluzione per la rapina di febbraio 2020, per via della carenza degli elementi raccolti nelle indagini) c’è dell’altro. Nel cellulare di un imputato c’è un vuoto di dati nel periodo a ridosso della rapina estiva; in quello di uno dei presunti complici c’è un messaggio considerato compromettente e inviato alla fidanzata poco prima del blitz nel parcheggio del supermercato: «Devo fare una cosa pericolosa, mi abbandonerai?».

La sentenza

Il verdetto dei giudici arriverà ad inizio aprile. Tra le richieste presentate al collegio dal pubblico ministero c’è anche l’assoluzione per la detenzione delle armi utilizzate nelle rapine (in quella di febbraio, che resterà senza colpevoli, erano spariti 8mila euro) e ritrovate a casa di uno degli imputati: si trattava di armi finte.

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