Nel centrodestra varesino non si può essere tutti “Fratelli”

Andrea Pellicini e Andrea Cassani

In politica conta avere i numeri, gli uomini e le idee. Nella politica di oggi serve anche un leader nazionale capace di splendere di una luce così brillante da accecare e nascondere tutte le magagne.

Sembra l’identikit quasi perfetto di ciò che al momento è Fratelli d’Italia. Quasi perfetto, appunto. Ovvero: i numeri ci sono e fino a prova contraria, al giro elettorale di giugno (Europee o amministrative) tutti i bookmaker li danno in crescita. Le idee non mancano e se anche se non sono di lunga visione vengono “ruminate” da un elettorato assai fluido e molto meno esigente ed attento, più che altro disamorato, rispetto al passato. C’è anche il leader. Quel che manca per la perfezione sono, fino a prova contraria, le vere competenze.

Gli stessi Fratelli ripetono, in ogni circostanza: “Dobbiamo costruire la classe dirigente”. E per farlo, al momento, “soffiano” pedine agli avversari. Anche su scala locale, infatti, non si contano i leghisti (ma anche i forzisti) che sono approdati alla corte della Meloni, tanto che, più che Fratelli, devono essere considerati come i “Figli di Giorgia”. Nel senso che senza quelle percentuali e senza la leader molto probabilmente sarebbero rimasti dove politicamente sono nati.

Ed è proprio in questo quadro, in alcune realtà esasperato, in altre meno evidente che un’ottantina di Comuni si apprestano ad andare al rinnovo del consiglio comunale tra ciirca cinque mesi. Una lunga campagna elettorale che nel centrodestra ci regalerà (anche per i motivi sopra citati) un derby Fratelli d’Italia – Lega tutto da seguire.

Noi non crediamo, nonostante le parole di Andrea Cassani, segretario provinciale del Carroccio ospite al recente congresso di Fratelli d’Italia al Santuccio di Varese, che la Lega lascerà nella mani dei Fratelli la leadership della colazione senza battere ciglio. Il passaggio di testimone da Cassani ad Andrea Pellicini, presidente dei meloniani, infatti, assomiglia molto a un: “Adesso tocca a te comandare. Se ci riesci”. Insomma il cerino è nella mani dei Fratelli, ma mai come a questo giro (su scala locale) c’è il rischio di scottarsi.

Vediamo perché. A oggi, il partito di Giorgia Meloni conta solo un paio di sindaci in provincia di Varese. Emanuele Antonelli e Marco Colombo. Entrambi sono saliti sul lanciatissimo carro in corsa. Ciò significa che il partito al prossimo giro dovrà, oltre che aumentare il numero di primi cittadini eletti, portare in fascia tricolore sindaci patrioti. Possibile? Complicato, verrebbe da dire, poiché fino a questo momento abbiamo assistito a una transumanza “a fari spenti” e “controllata” in FdI.

E se questo comporta “acquisti” di amministratori già formati, dall’altro crea una spaccatura interna agli stessi Fratelli tra chi c’era alla prima ora e chi è arrivato a “festa iniziata” e con già un credito politico da far invidia. Una spaccatura che è andata in scena in maniera plastica nella piccola Caronno Varesino.

Ora, il giro di amministrative nella nostra provincia è numericamente importante, ma non può avere una lettura politica su scala nazionale. Sono solo tre, infatti, i Comuni (tutti appena sopra i 15 mila) che hanno l’opzione ballottaggio e in quasi tutte le realtà chiamate alle urne il profilo del candidato può pesare più dei simboli che probabilmente verranno “affogati” in liste più o meno camuffate da civiche. Non si può negare però che da alcune situazioni locali possano giungere “siluri” in grado di avvelenare (ammesso che al momento sisa disteso) il clima della coalizione. E non si può non considerare che la possibiltià di un terzo mandato da sindaco nei comuni fino a 15 mila, al vaglio del consiglio dei ministri proprio in questi giorni, possa ulteriormente complicare i giochi più ai Fratelli in cerca di vittoria che ai sindaci in carica con possibilità di fare tris.

D’altro canto vero è che il centrodestra, da sempre, ha mostrato una resilienza oltre ogni aspettativa di fronte a screzi, baruffe e divisioni. Spesso, in passato, ha sempre derubricato le situazioni spinose a “questioni locali e personali”. Questa volta però ci troviamo di fronte a una scenario inedito: il cambio del partito guida all’interno dell’alleanza di centrodestra che per la prima volta su ampia scala locale deve dimostrare solidità percentuale, radicamento e capacità di comandare senza urtare la suscettibilità dell’alleato (la Lega) che fino all’altro giorno dettava la linea, che ora si trova a dover fare buon viso a cattiva sorte. E, potendo, anche qualche pericoloso sgambetto.

Ciò significa che se sul Carroccio stanno metabolizzando di non poter vincere e l’obiettivo e congelare l’esodo di militanti e di voti, Pellicini e i Fratelli sono alle prese con la pressione di chi sa che deve obbligatoriamente vincere quasi ovunque avrà uomini in campo.

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