Clima, limiti alla crescita o crescita dei limiti?

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Il riscaldamento globale e lo scioglimento dei ghiacciai

di Fabrizio Iseni

La fonte è più che autorevole: le Nazioni Unite. Come agiscono e perché ci sono i cambiamenti climatici? “Dato che avvolgono la Terra – scrive l’Onu nella relazione sul clima – le emissioni di gas a effetto serra trattengono il calore del sole sulla superficie terrestre. Le conseguenze sono il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici. Oggi il mondo si sta riscaldando più rapidamente di quanto sia mai avvenuto nella storia registrata”. La recente tragedia della Marmolada, con l’improvviso distacco di un seracco del ghiacciaio che ha travolto numerosi escursionisti, è la inoppugnabile conferma del surriscaldamento della Terra. Con il conseguente scioglimento dei ghiacciai.

L’Onu individua 3 cause principali: la produzione di elettricità e di calore tramite l’utilizzo di combustibili fossili come il carbone, il petrolio e il gas naturale. Tali combustibili provocano una buona parte delle emissioni globali. La maggior parte dell’elettricità è tuttora prodotta da combustibili fossili, solo un quarto circa è generato dal vento, dal sole e da altre fonti rinnovabili.

Seconda causa: il settore manifatturiero e l’industria, che producono emissioni nocive pur di generare l’energia necessaria per realizzare prodotti come cemento, ferro, acciaio, dispositivi elettronici, plastica, abiti.

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Fabrizio Iseni

Terzo, la deforestazione: tagliare le foreste per creare aziende agricole o pascoli, o per altri motivi, causa emissioni: gli alberi, infatti, una volta abbattuti rilasciano il carbonio che hanno immagazzinato. Inoltre, dato che le foreste assorbono biossido di carbonio, il loro abbattimento limita la capacità della natura di tenere le emissioni al di fuori dell’atmosfera.

Risultato: siamo su un piano inclinato, in caduta verso il punto di non ritorno (anche se molti dicono che l’abbiamo già superato).

Le conseguenze sono di fronte agli occhi di tutti e la siccità che attanaglia le nostre regioni è un’altra prova tangibile, inequivocabile. Restare indifferenti è ovviamente un suicidio. Ma più che nuove regole, serve una mentalità nuova, è necessario cioè uno stile di vita differente rispetto a quello a cui siamo stati fino ad ora abituati. Dietro questa analisi c’è infatti uno scontro fra due culture: quella del progresso indiscriminato e del benessere ad ogni costo, la cultura del superfluo e dei consumi, degli sprechi, delle economie che crescono a dismisura, senza sosta (salvo le periodiche recessioni mondiali che resettano il sistema per poi farlo ripartire più furioso che mai), e – sul lato opposto – la cultura della moderazione, dell’attenzione all’ambiente e ai valori, la cultura del risparmio e della sostenibilità, che non deve essere retorica ma una effettiva ed efficace capacità di rinunciare a una porzione dell’attuale benessere (anche se sul concetto di “benessere” ci sarebbe da discutere) per dare più qualità, più senso e futuro alla vita.

La sopravvivenza dipenderà da quale fra queste due culture vincerà la sfida globale, ovvero se ci saranno effettivamente dei “limiti della crescita” o se invece assisteremo alla “crescita dei limiti”.7

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