Siccità, cambiamenti climatici e comportamenti corretti

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di Fabrizio Iseni

Siccità, la terza piaga (non certo in ordine di gravità) con cui siamo chiamati a fare i conti in questi mesi. Una piaga che sta facendo (quasi) passare in secondo piano le altre due: il Covid e la guerra in Ucraina. Piaghe che in parte potevano essere evitabili, se in questa epoca – definita “antropocene” – i popoli e chi li governa agissero “cum grano salis”, per usare le parole di Plinio il Vecchio nella sua Naturalis historia.

Di frone alla siccità piovono (purtroppo) solo parole: stato di emergenza, razionamento dell’acqua, sostegno alle economie, proclami politici ai vertici dei grandi della terra, ma tutto questo distrae dal vero nocciolo del problema: perché non piove? Perché non nevica d’inverno e dunque non si creano quei bacini di riserva che consentono – quantomeno alle nostre latitudini particolarmente colpite – di avere un costante apporto idrico anche durante i mesi caldi? Perché si verificano ormai solo fenomeni monsonici, cioè violenti temporali, che però non danno altro che un momentaneo sollievo alla natura senza risolvere il problema?

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Fabrizio Iseni

La questione è ovviamente complessa e va ricondotta ai cambiamenti climatici di cui tanto si parla ma ben poco – troppo poco – si fa per impedirne l’avanzamento. Si fissano date improbabili, indicative, prive di reali vincoli, per rallentare i cambiamenti climatici e proteggere l’ambiente: l’appena concluso G7 ha ipotizzato che la “phase out” del carbone, cioè la fine dell’impiego del carbone nella produzione, sarà il 2035 (carbone che l’umanità utilizza fin dalla prima rivoluzione industriale) ma è un “orizzonte” temporale (e il concetto di “orizzonte” la dice lunga). E si discute principalmente di come sostenere l’Ucraina nella guerra contro la Russia, di come sanzionare l’invasore, di come eliminare per sempre la dipendenza energetica da Mosca: tutte questioni importanti, la cui rilevanza percepiamo ogni qualvolta andiamo alla pompa di benzina, ma che relegano in secondo piano le questioni ambientali che invece dovrebbero essere trattate con la massima priorità. Perché mentre sulle Alpi Bavaresi si discute di sanzioni, in molte regioni si muore di sete.

La domanda che ci poniamo è: possiamo fare qualcosa? Sicuramente sì. L’uso parsimonioso dell’acqua è una prerogativa che tutti abbiamo. E che consentirebbe, con l’impegno di tutti, di proteggere le riserve idriche. Chi ha fatto esperienze di navigazione in barca, nei mari e negli oceani, sa perfettamente che l’acqua (dolce, in quel caso) può e deve essere risparmiata con semplici comportamenti corretti: aprire e chiudere subito il rubinetto invece di lasciarlo scorrere quando non serve (anche quando ci si lava i denti o quando ci si sta insaponando sotto la doccia, prima di risciacquarsi). Non si tratta di razionamenti (brutta parola) ma di un uso consapevole, sostenibile e appunto parsimonioso di una delle risorse più importanti del pianeta.

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