Dalla Spagna alla frontiera ucraina: l’impresa di un bustocco per salvare 5 profughi

BUSTO ARSIZIO – Un viaggio di oltre 20 ore dalla Catalogna, dove vive ormai da anni, fino ai confini dell’Ucraina con l’Ungheria e la Slovacchia, per recuperare i familiari di Oksana, la compagna ucraina del suo socio e amico. È l’impresa che ha compiuto il bustocco Andrea Scaramuzza, con il sostegno delle associazioni di veterani Non Dolet APS e Good Guys in Bad Lands, accompagnando il socio e la sua compagna in questo viaggio della speranza che vuol essere il primo di una serie. «I profughi fuori dalle frontiere sono assistiti, ma in Ucraina hanno bisogno di tutto, dai vestiti ai farmaci. Appena torniamo recuperiamo qualche furgone e glieli porteremo».

La testimonianza dal confine

«Quando Oksana ci ha detto che voleva portare fuori dall’Ucraina la sua famiglia, che vive a Zhytomyr, a ovest di Kiev, città che è sotto le bombe, non ci ho pensato due volte – racconta Andrea Scaramuzza, bustocco che vive in Catalogna – in questo momento non sto lavorando, un nostro amico rumeno ci ha dato un furgone e siamo partiti. Poi le due associazioni ci hanno supportato lanciando una campagna di crowdfunding. E non ci fermeremo qui». Il viaggio è stato estenuante, più di 20 ore all’andata e altrettanto al ritorno, con cinque persone di cui quattro tra bambini e ragazze recuperati a Vysne Nemecké al confine con la Slovacchia. Uno stop ieri sera, 2 marzo, nella zona di Treviglio – è bastato scrivere su Facebook che avevano bisogno di fermarsi e sono piovute offerte di ospitalità – e poi via verso “casa”, in Spagna.

Il dramma dei profughi

Un’impresa che ha permesso ad Andrea Scaramuzza di venire a contatto con il dramma dei profughi. «Fuori dai confini hanno tutto, assistenza, supporto logistico e cibo, anche se le sistemazioni sono temporanee, ma manca tutto per chi è ancora dentro l’Ucraina – racconta il veterano bustocco – hanno bisogno di vestiti, perché fa molto freddo, di materiale per il primo soccorso, di farmaci. Da un viaggio nato per un’esigenza privata, è partita una mobilitazione. Così vedremo di organizzare un convoglio per portare aiuti alla gente ucraina». E se si chiede ad Andrea perché lo fa, la risposta è immediata: «Perché non basta stare a guardare su un divano – rivela – io sono stato già spesso in Africa. E so che ricco o povero, bianco o nero, siamo tutti sulla stessa Terra, che è una nave un po’ alla deriva. L’unica cosa che dà un senso è aiutare le persone a risollevarsi, l’unica cosa che dura sono i rapporti umani tra le persone, amore e amicizia sono l’unico rifugio. Pensiamo a questa gente, che dall’oggi al domani si è trovata sotto le bombe, senza più niente, e al fatto che prima o poi potrebbe capitare anche a noi».

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