Disagio giovanile, il prevosto di Varese chiama la città. «Serve l’impegno di tutti»

monsignor Panighetti

VARESE – Il prevosto di Varese, monsignor Luigi Panighetti, chiama a raccolta le istituzioni e la comunità varesina intera affinché tutti lavorino insieme per contrastare un problema emergente in città, quello del disagio giovanile. Una situazione che si è accentuata in seguito alla pandemia. Monsignor Panighetti ha scritto una lettera ai varesini per riflettere sull’importanza di un lavoro comune.

Insieme per i giovani

«Possiamo ignorare il nostro futuro? Insieme per i nostri giovani» è il titolo della riflessione che porta la firma del prevosto. Un testo in cui monsignor Panighetti si sofferma sui numerosi episodi di violenza e disagio che esprimono la sofferenza dei giovani. Il suo invito rivolto alle istituzioni e a tutta la città è quello di fare squadra per trovare una soluzione a questa situazione emergenziale, che viene definita un “terremoto sociale”. Un problema, come sottolinea il prevosto chiudendo la sua lettera, di cui bisogna farsi carico in maniera urgente.

Le parole del prevosto

Si succedono in questo periodo episodi di violenza che esprimono disagio e sofferenza di adolescenti e giovani: le cronache giornalistiche in merito sono numerose e a noi vicine (un ragazzo italiano accoltellato da ragazzi italiani pochi giorni fa la stazione di Casbeno). Anche le indagini sociologiche lo dicono: sono aumentati tra i minori fragilità e solitudine.
Possiamo ancora parlare di situazioni marginali? Di problematiche legate al contesto economico-sociale? Di cattivi ragazzi? E poi ancora: ha senso riempirci la bocca di parole come “crisi educativa”, “disagio generazionale”, “situazione drammatica” senza far nulla, senza muoverci, senza metterci in gioco.
Quando un terremoto colpisce una città si riunisce un comitato di crisi, si mobilitano Istituzioni, realtà di volontariato, cittadini; si fanno progetti di breve, medio e lungo termine, si mettono in gioco progetti, piani di ripresa, si loda la generosità dei singoli e si riconosce il valore delle Istituzioni. Ma davanti a questo terremoto sociale, davanti ad una generazione sofferente e smarrita, cosa possiamo fare? Cosa dobbiamo fare?
La Chiesa Italiana vive l’anno straordinario degli adolescenti, le nostre comunità stanno imparando a interrogarsi, a mettersi in gioco e partono qua e là progetti preziosi e profetici. Ma ci possiamo accontentare? Possiamo accontentarci che qualcuno faccia qualcosa?
È diventato evidente, anche grazie alla situazione pandemica, che da queste situazioni si può uscire solo con l’impegno di tutti. E allora ci permettiamo di dar voce a questa situazione e di invitare tutte le Istituzioni della nostra città, che certamente hanno a cuore il bene comune e percepiscono questa crisi, a sederci al tavolo per affrontare insieme questa sfida, per condividere la lettura della situazione e per proporre soluzioni concrete.
La questione educativa deve interrogare tutti: genitori, società, politica, Istituzioni e anche le parrocchie che sono attive sul territorio e già si confrontano con questa situazione emergenziale.
Spetta a noi, adulti di oggi, garantire un presente buono agli adulti di domani, perché essi sono il nostro futuro: un futuro che non possiamo ignorare. Servono modelli e guide che mostrino come l’altro possa essere un bene per la propria esistenza e che esiste un peso specifico delle proprie azioni. Certamente la famiglia, la scuola e le altre agenzie educative non bastano più: è più che mai evidente che l’intera comunità locale e nazionale deve farsene carico. Urgentemente.