Discese in campo

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Francesco Lollobrigida, Silvio Berlusconi, Jannik Sinner

di Massimo Lodi

Discese in campo, oggi e ieri. Tre esempi.

  1. Sinner. Perfino chi mai s’impippa di tennis, è preso dal tifo per il rosso ventiduenne che sbaraglia l’Australian Open. Fiumi di retorica attorno all’evento. Però una sostanza speciale ci sta, prodigi tecnici a parte. Jannik conquista il favore nazional-popolare perché fuoriclasse dell’umiltà, del rispetto, della volée bassa. Uno dei milioni d’italiani che ce la vorrebbero fare e non ce l’han fatta. Lui sì, e suscita ammirazione. Non invidia. Caso raro d’empatia vera. Gli vien cucita addosso l’uniforme dell’eroe: eh no. È ragazzo talentuoso, determinato, semplice. Uno dei tanti ragazzi così. Purtroppo ignoti ai media, ci sono anch’essi: ciascuno nel suo piccolo, privato, oscuro angolo. Probabilmente la maggioranza degl’italiani di quest’età, ma non lo sappiamo. Sappiamo dei peggiori, mica pochi a dirla tutta, che ogni giorno propongono esempi negativi. Sinner li aiuterà nella metamorfosi? Cioè: riflettere, correggersi, cambiar vita? Speriamo che sì. Sarebbe il valore aggiunto/il tesoro sociale, della sua ultima vittoria. Altre seguiranno. Oremus in favore del loro perpetuarsi, sarà utile.
  2. Berlusconi. Trent’anni fa la nascita di Forza Italia. Dal nulla e contro un’antologia di pareri avversi, a cominciare dall’inner circle cavalieresco. Al di fuori, il più illustre dei politologi, Angelo Panebianco, predisse la catastrofe. Invece andò al contrario. Mister B, modificata in profondità l’Italia del costume, fece lo stesso con l’Italia della politica, annodando il filo tra post democristiani-socialisti, finiani del Msi-Dn, indipendentisti della Lega. Era la cucitura, ritenuta impossibile, tra Nord e Sud. Prodromo della rivoluzione liberale, restò tale. E fu l’insuccesso dopo il successo. Prevalsero gl’interessi corporativi, i calcoli di bottega, le mediazioni al ribasso. L’esecuzione del progetto si rivelò impari al profilo del progettista, che scelse -o venne costretto a scegliere- un’alternativa di percorso, pur di governare/durare. Tuttavia gli si deve l’assorbimento di derive che ci avrebbero gravemente nuociuto: proprio perché populista, Berlusconi seppe incanalare nel temperato ghe pensi mi i populismi alieni. Sarebbero risorti in parallelo al suo declino, con i risultati mediocri che vediamo.
  3. Lollobrigida. Il cognato della premier ce l’ha coi giornalisti. Afferma/scrive che irridono chiunque ami la patria, in ogni sua declinazione. Guai alla satira, guai alla critica, guai a una professione che conta su arruolati pieni di livore, miopi benpensanti, alcuni addirittura cresciuti a champagne in redazioni/salotti dove non giunge l’odore del letame. Quello che il ministro dell’Agricoltura ben conosce, essendo impegnatissimo a lavorare nel settore. Tensione all’alacrità da nessuno contestatagli. Ma non importa. Lollo fila come un treno, stavolta senza fermate, verso lo scontro diretto con la stampa, ignorando l’invito alla moderazione rivolto a FdI dalla presidente del Consiglio. Per carità, non è arrivato al punto da invocare una sostituzione pennica, e merita indulgenza. A chiunque può capitare lo scatto di nervi. In fondo, come dimostrano sue recenti dichiarazioni (perfino da Cape Canaveral), il titolare della Sovranità alimentare è una pasta d’uomo.
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