Dopo Xi’an la Russia è il “cortile posteriore” del nuovo impero asiatico

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di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, credo che sia interessante conoscere gli sviluppi della politica cinese anche nello scacchiere dell’Asia Centrale, che in genere non è al centro dell’attenzione di molti osservatori. Infatti è passato senza grandi luci l’incontro a Xi’an dei Paesi dell’Asia Centrale, Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Tagikistan e Turkmenistan che si è tenuto a Xi’an il 19-20 maggio, in contemporanea con il G-7 di Hiroshima. Questo summit non va letto come il contraltare della riunione dei paesi occidentali, ma come un avvertimento, un segnale forse all’occidente ma ben di più alla Russia di Putin. Un tempo il “cortile posteriore” di Mosca, oggi non soltanto si sono de-russificati a livello linguistico e sociale, ma accolgono braccia aperte il grande fratello cinese.

La scelta di Xi’an come sede dell’evento è un simbolo voluto. L’ex capitale imperiale, oggi capoluogo della provincia del Shaanxi, era il punto di partenza dell’antica via della seta, oltre duemila anni fa. Dunque può rappresentare una sorta di ponte tra la storia più remota e la geopolitica attuale, nuovamente incentrata sulla Cina. Nella nuova guerra fredda con gli Stati Uniti, Pechino può interpretare come un accerchiamento il fronte degli alleati degli statunitensi, dal Giappone alla Corea del Sud fino alle Filippine. Dialogando con l’Asia centrale, la Cina si assicura che il fianco orientale sia meno problematico.

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Ivanoe Pellerin

Pensate amici che l’incontro di Xi’an sembra riecheggiare i fasti di un lontano passato, quando agli inizi del Duecento, Gengis Khan riuniva i popoli turanici con quelli mongolici, per formare il più vasto impero di tutta la storia umana. È straordinario notare che tra i due grandi summit delle potenze mondiali di oggi, l’unica esclusa è stata proprio la Russia di Putin, con l’onta della presenza in Giappone dell’Ucraina di Zelensky. Come ribadiscono molti osservatori, il summit è soltanto l’esito di anni in cui la Russia ha progressivamente ceduto il controllo economico dell’Asia centrale alla Cina.

La faccenda è tanto più importante se si pensa che, dopo la fine dell’Urss, è la prima volta che s’incontrano tutti insieme i presidenti di questo G-6 asiatico, ma gli intrecci tra Cina, Kazakistan, Uzbekistan, Kirghizistan, Tagikistan e Turkmenistan sono ormai talmente fitti da rendere l’incontro quasi inevitabile ed elogiativo. Ora è la Russia il “cortile posteriore” del nuovo impero asiatico. La Cina, nonostante le sue difficoltà economiche (ve ne parlerò prossimamente) ha promesso quasi quattro miliardi di dollari di nuovi investimenti, in aggiunta ai tanti già versati, e in questo modo sta cercando di fatto di comprare tutta l’area asiatica dal passato sovietico. Da lontano si intravedevano le regioni siberiane della Federazione russa, molto interessate all’esito delle trattative. I cinque leader dei “Paesi-stan” sono arrivati a Xi’an direttamente dalla parata della Vittoria sulla piazza Rossa di Mosca, dove hanno consolato Putin nella sua solitudine.

La guerra russa in Ucraina si è quindi trasformata in una straordinaria opportunità per la Cina e i suoi alleati, distraendo Mosca dai suoi antichi domini asiatici e “offrendole spazi e possibilità mai viste prima”, come afferma il direttore del programma cinese del centro di analisi Stimson di Washington, Yuan Sun. Intanto i Paesi del G-6 asiatico sono i principali fornitori per il colosso russo dei microchip per computer, di attrezzature laser e vari altri articoli di importanza civile e militare, ormai inaccessibili per le sanzioni dall’Occidente, ma oggi sempre più vitali per non cadere in una specie di inverno tecnologico.

Nel frattempo, il kazaco Tokaev spalanca le porte alle aziende cinesi, ai cui rappresentanti non servirà più neppure il visto d’ingresso, e ringrazia Pechino “per il sostegno alla sovranità dei Paesi dell’Asia centrale. Uzbekistan e Kirghizistan hanno sottoscritto un accordo con Pechino per completare la linea ferroviaria che collegherà l’Oriente all’Occidente, senza più passare attraverso la Russia.

Xi Jinping sorridente, incontrando i giornalisti, ha rilevato che è stata firmata la “Dichiarazione di Xi’an del Summit Cina-Asia Centrale” e che è stato tracciato un piano per il futuro sviluppo delle relazioni Cina-Asia Centrale. Inoltre Xi, sempre sorridendo, ha sottolineato che di fronte ai cambiamenti epocali e in vista degli interessi fondamentali dei popoli dell’area e di un “futuro luminoso”, tutte le parti sono determinate a lavorare insieme per affrontare le sfide, costruire una più stretta comunità Cina-Asia Centrale dal destino comune e a contribuire alla promozione di una comunità umana dal futuro condiviso.

Il capo di Stato cinese ha aggiunto che la Cina e i cinque Paesi dell’Asia Centrale si sosterranno fermamente a vicenda su questioni relative ai reciproci interessi fondamentali come sovranità, indipendenza, sicurezza e integrità territoriale, rispetteranno i reciproci percorsi di sviluppo scelti in base alle proprie condizioni nazionali e si opporranno risolutamente a qualsiasi forza che interferisca negli affari interni con qualsiasi pretesto.

Cari amici vicini e lontani, con “sorpresa” dei media i cinque paesi dell’Asia centrale hanno dichiarato che appoggeranno la politica cinese circa la sicurezza e la politica dell’“Unica Cina”. Biden è avvertito.

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