Elezioni, cittadini scippati del diritto di scegliere

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di Gian Franco Bottini

Quale fosse il risultato atteso con la riduzione del numero dei parlamentari, ce lo dovrebbe chiarire  quella maggioranza di italiani che la approvarono con il referendum di qualche anno fa. Non lo andiamo certamente a chiedere ai partiti che ci dovrebbero confessare quanto loro in quel momento , annichiliti e spaventati dalla marea pentastellata che li aveva surclassati,  rinunciarono a dire la loro, per il timore di andar contro ad un consenso popolare che allora pareva universale.

Quello che in effetti è stato il risultato di un esempio di becero populismo, lo vediamo invece chiaramente  solo oggi, in occasione di questa campagna elettorale, con lo spettacolo offerto nella  formazione delle liste dei candidati. Non ci illudiamo comunque che la stessa maggioranza degli italiani, forse anche perché impegnata nei ludi ferragostani, si sia resa conto di quanto stia avvenendo, cogliendo le reali conseguenze di una loro decisione di qualche anno fa.

Quando nel 2019 Di Maio e compagnia spinsero per questa riforma, fecero leva sull’astio punitivo che erano riusciti a creare verso il “ sistema”,  ma soprattutto  sulla facile illusione della riduzione dei costi rappresentati da quel 33% di parlamentari eliminati. Più immediato sarebbe stato  allora puntare a ridurre del 33% le ricche prebende parlamentari, lasciando il numero dei parlamentari invariato ed evitando una riforma costituzionale mal ragionata . Evidentemente ai “capoccia” dei partiti, certi della loro intangibilità, questa soluzione non piaceva : “Resteremo in meno ma sempre ben pagati!” Ed ecco il risultato.

In tutti i partiti, nel formare le liste, è scattato il “si salvi chi può”; vale a dire salvi i capi, gli amici dei capi, i parenti dei capi e così via. I rappresentanti del democratico dissenso interno ai partiti “decapitati”, il ricambio generazionale pure per salvare i centri di potere. Il prossimo Parlamento sarà più vecchio , alla faccia dell’”inno alla gioventù” , che tutti i leader cantano a squarciagola nei loro vuoti sproloqui.

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Gian Franco Bottini

La rappresentanza dei territori assolutamente non considerata una priorità. Sarà il trionfo dei “paracadutati”, molti dei quali ci lasceranno comunque le penne perché ignoti all’elettorato ai quali verranno proposti. Una situazione del tutto offensiva per i cittadini che da tempo esigono di poter scegliere i propri rappresentanti e che oggi, ancor più di ieri, si troveranno a dover votare illustri sconosciuti imposti dai partiti. La situazione della nostra provincia non sfugge a questa logica: in pratica poche possibilità di votare in Parlamento un candidato, espressione del territorio e non dell’establishment di  partito, che abbia una ragionevole possibilità di elezione. E c’è chi sta peggio di noi!

Se a questa situazione si aggiunge il fatto che ogni eletto dovrebbe rappresentare un territorio assai più vasto che nel passato, è facile evincere che i prossimi Parlamentari saranno ancor più distanti, che non nel passato, dalla gente che dovrebbero rappresentare.

Abbiamo assistito all’affanno dei  professionisti della “poltrona”, che hanno avuto vita difficile nel trovare una collocazione in liste che, almeno lontanamente, rappresentassero la loro storia e il loro vissuto politico. E così, solo per esemplificare, ci troviamo uno Sgarbi inserito nella lista dei “moderati”(!); “liberali” d’altri tempi , come Tremonti e Pera, traslocati in Fratelli d’Italia (!); “centristi” della prima ora, come il locale Librandi, schierati in liste di “sinistra”; altri, meno noti, traslocati qua e là alla caccia di una spesso improbabile riconferma.

C’è solo da sperare che di fronte ad un tale spettacolo non insorga nella gente, e nemmeno nell’ambito degli stessi partiti, una voglia di “sciopero del voto” che in un momento così difficile alimenterebbe un malcontento sempre più latente. Certo che una tale situazione , oltre che dalla riduzione dei parlamentari, è generata anche da una legge elettorale del tutto “partito-centrica “, che la caduta anticipata del governo Draghi non ha consentito di correggere e questo non fa altro che aumentare le responsabilità di chi di quel governo ha  voluto accelerare la fine: 5 Stelle ma ancor più Lega con il gregario F.I.

Abbiamo sempre sostenuto che il voto è un dovere, oltre che un diritto, perché il momento più alto che la democrazia ci offre , quello  di scegliere chi, per i cinque anni a venire, ci dovrà rappresentare. Orbene, c’è chi lo giustificherà con la coincidenza di vari fatti, ma a noi resta l’amara sensazione che in questa circostanza una buona fetta dei nostri diritti democratici ci sia stata scippata.

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