Europee: le candidature in maschera

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Duello tra Elly Schlein e Giorgia Meloni alle elezioni europee di giugno?

di Massimo Lodi

Schlein ha fugato i residuali dubbi. Si candiderà alle europee. Non da capolista: da terza in ogni circoscrizione. Al primo posto esponenti della società civile, tipo Cecilia Strada nel Nord Ovest e Lucia Annunziata nel Sud. Al secondo, nomi di rango del partito, come il sindaco barese Antonio Decaro. Poi la segretaria. Malumori nel Pd: l’opzione fa correre rischi ad alcuni parlamentari uscenti e di nuovo vogliosi di gareggiare. Idem ad amministratori locali che miravano alla nomina. Ma la decisione è presa, nell’ottica d’un vis-à-vis con Meloni. Anche la premier, pur finora reticente, sarà della partita: s’è scelta l’avversario del confronto, proprio Schlein, e non cambierà idea.

Poco importa che le due, se elette, rinunceranno al seggio. Importa di più il valore da test di mid-term attribuito alle urne per Strasburgo. Una verifica dentro il governo, una verifica fuori. Il sistema proporzionale consentirà chiarezza di giudizio. Meravigliarsi d’un simile uso dello strumento elettorale -si chiama eterogenesi dei fini- è istituzionalmente corretto. Non lo è praticamente. Da sempre la chiamata europea funziona da supplemento delle consultazioni patrie. Di più: l’importante è occupare il maggior numero possibile di seggi, al netto di chi poi vi siederà (tizio che subentra a caio). E che tale forza parlamentare -aiutata nel suo formarsi dal traino di nomi di spicco- sia funzionale alla scelta davvero strategica: l’esecutivo di Bruxelles. Cioè la Commissione Ue. Lì sta il potere, che i governi nazionali esercitano per interposta persona.

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Massimo Lodi

Questo poco chiarisce meglio la ratio del duello Schlein-Meloni. E lascia intendere quale sia la ritrosia di Conte e Salvini (di Tajani, chissà) a partecipare al confronto. Temono di uscirne sconfitti, senza potere scaricare la colpa su altri, e dunque essendo costretti a tirare conclusioni d’eventuale imbarazzo a proposito di scelte interne (di governo per Salvini/Tajani, di opposizione per Conte).

Le elezioni locali contemporanee alle europee non mitigheranno un tale profilo di competizione. Centrodestra e centrosinistra dovranno riunirsi per battere i rivali anziché dividersi nell’interesse delle botteghe di partito, ma l’ostacolo verrà superato dalla tecnica propagandistica del “pro” anziché del “contro”. Ovvero: ciascuno mobiliterà i votanti pro domo sua, stando accorto a non violare (troppo) la domus altrui. Non è una sottigliezza, e invece il contrario: l’uso disinvolto/obliquo della réclame politica, mirando a uno scopo che nel marketing vien detto subliminale. Se uno ti sollecita con insistenza a comprare il suo prodotto, vuole persuaderti a rifiutare quello d’un produttore del suo medesimo cartello, pur non dicendone male. È la concorrenza mascherata, fenomeno ben noto nel nostro carnevalone a suffragio universale. In teoria. In pratica, a suffragio ridotto (ridottissimo) causa astensione.

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