Fallimento del Campus di Busto, la mano del gatto e la volpe

Pronti, partenza, via. E per l’Antonelli bis di Busto Arsizio ci sono subito due grane da affrontare: il contenzioso milionario per i derivati e, manco a dirlo, il fallimento del faraonico progetto per il Campus di Beata Giuliana. Due vicende che inaugurano la consiliatura, mettendola subito in salita. La prima delle due questioni, al di là delle responsabilità e della vera o presunta leggerezza di chi sottoscrisse quei titoli finanziari (la giunta Farioli), comporterà comunque un pesante esborso per le casse pubbliche. Molte altre città sono cadute nella stessa trappola, in tempi in cui pareva che i rendimenti stratosferici piovessero a catinelle, ma il problema di Busto lo deve risolvere Busto. E, nella fattispecie, la nuova giunta, chiamata a districarsi dagli avvocatoni della controparte, la Deutsche Bank, che non le lasceranno margine di soluzione.

Intanto, piaccia o no, sono già volati via un milione e passa di parcelle legali. Qualcuno, esperto in materia, ipotizza che un accordo sarebbe stato meno oneroso che affrontare i giudizi della High Court di Londra, dov’è incardinata la faccenda giudiziaria. A naso, una situazione più grande della stessa amministrazione civica bustocca, che in quanto a passi più lunghi della gamba sembra essere campione. Perché, se la lite sui derivati è la conseguenza di scelte del passato, che Emanuele Antonelli e i suoi due esecutivi hanno ereditato loro malgrado, il progetto del Campus andato in malora è, invece, una scelta precisa di grandeur interventistica generata, come si sa, dalla somma incompiuta di questi anni: il palaghiaccio.

Che ci fossero i segnali di una disfatta progettuale è ampiamente documentato anche dagli articoli di Malpensa24. Anticipazioni sulla base di notizie che non facevano prevedere nulla di buono per la città: dalle disastrose situazioni societarie di alcune ditte della cordata che avrebbe dovuto realizzare la cittadella dello sport fino a certi precedenti gestionali e alla mancanza assoluta di finanziamenti. Tante promesse, mille rassicurazioni, neanche un euro a disposizione. Nonostante questo, l’amministrazione è andata giù a capofitto, presentando in pompa magna rendering, disegni, capitolati, bozze di convenzioni, sogni, illusioni e quant’altro avrebbe dovuto giustificare l’intervento. Tutto, tranne i danèe. Cosa dire? Che siamo pronti a passare per Cassandre assieme ai pochi (a proposito, dove si erano nascosti i partiti dell’opposizione?) che avevano percepito e denunciato l’insostenibilità di un simile progetto.

Purtroppo, voci nel deserto, sul Campus come sui derivati: i padroni di Palazzo Gilardoni non ascoltano nessuno che non sia del giro. E anche se fosse del giro, se mai dovesse dissentire, verrebbe preso a sberle. Peccato: Busto Arsizio perde una grande opportunità, quanto meno temporale. Sarebbe bastato un po’ meno di sicumera e un briciolo in più di avvedutezza per fermare a tempo debito il tentativo velleitario di costruire un sovradimensionato e oneroso Campus, mirando invece a un più basso profilo, questo sì sostenibile, per sistemare la vergogna del palaghiaccio e costruire finalmente il tanto atteso palaginnastica. Muovendosi alla larga dagli avventurieri, agendo subito con le proprie forze, operando con perizia. Il sospetto è che a Palazzo abbiano trovato credito personaggi collodiani tipo il gatto e le volpe, lesti nel garantire alberi pieni di zecchini d’oro. E nessuno, perché ingolositosi, li ha arginati. O forse, come sostengono i maligni, s’è accorto del pasticcio che si profilava, ma per evitare figuracce pre elettorali ha tirato avanti finché è stato possibile. E questo sarebbe ancora peggio. Anche per un’altra ragione: il nuovo contenzioso che si annuncia dopo l’inevitabile revoca della determina che assegnava il project financing per la realizzazione del campus. Se così fosse, un gran bel risultato.

Cala il sipario sul Campus di Beata Giuliana: il Comune revoca l’aggiudicazione

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