Francesco Busatto, il sogno tricolore U23 e il mondiale che sta per arrivare

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Fino a poco più di tre mesi fa Francesco Busatto non aveva mai vinto. Ma proprio mai, neanche da esordiente, allievo o juniores. L’anno scorso in maglia General Store aveva cominciato a far intravedere le sue po­tenzialità, ora in maglia Circus-ReUz-Technord, vivaio della Intermarché-Circus-Wanty, sta definitivamente cambiando marcia, affermandosi come uno degli U23 di maggiore prospettiva a li­vello internazionale. La vittoria della Liegi-Bastogne-Liegi U23, preceduta da un ottimo 14° posto alla Freccia del Bra­bante dei professionisti, lo ha definitivamente sbloccato; poi si è imposto in una tappa della Orlen Nations GP in Polonia, ha sfiorato a più riprese la vittoria di tappa al Giro Next Gen, e ora a Mordano si è portato a casa il titolo di Campione Italiano di categoria, battendo in una volata a due Luca Cretti.

Busatto, rispetto ai coetanei, è cresciuto leggermente più tardi fisicamente e se a questo si aggiunge il fatto che ha co­minciato ad essere seguito seriamente dal punto di vista atletico solo negli ultimi due anni, ecco spiegato il suo re­cente exploit. La Intermarché, per non lasciare nulla al caso, ha già ufficializzato il suo passaggio tra i grandi l’anno prossimo.

Francesco, sei Campione d’Italia. L’en­nesi­ma soddisfazione di una stagione magica.
«Non potevo chiedere di meglio. Al Giro mi è mancata la vittoria, ma la maglia Tricolore direi che ripaga alla grande questa mancanza. Sto disputando una stagione decisamente al di sopra delle mie aspettative, se me lo avessero detto ad inizio anno avrei messo subito la firma. Con il mio preparatore Paolo Santello e con la squadra stiamo facendo un lavoro egregio e i risultati sono la conferma. Cerchiamo di continuare così».

Hai avuto modo di festeggiare un po’?
«La sera del Campionato Italiano ho fatto una cena coi miei amici, poi ne ho fatta un’altra il martedì sera. Durante la stagione è sempre meglio non esagerare coi festeggiamenti, poi magari nei pe­riodi di off-season si può fare qualcosa di più, anche perché ce lo meritiamo do­po mesi di fatiche».

Rispetto ai successi alla Liegi e alla Coppa delle Nazioni, questo è maturato in maniera differente, con un attacco più da lontano.
«Molto dipende dalla qualità dei tuoi avversari. Al Campionato Italiano, bisogna essere onesti, non c’era il livello che ho visto al Giro o alla Liegi-Bastogne-Liegi, quindi fare un’azione da lontano aveva più senso. Correvo da solo, quindi mi sono inizialmente mosso di rimessa. Quando siamo entrati nel circuito con la salita del Monte Frassineto, il primo attacco deciso è stato di Sergio Meris, che ha portato via un gruppetto molto buono, poi col passare dei giri mi sono accorto che la fatica dei miei av­versari cresceva, mentre io stavo tutto sommato ancora bene. Quando ha at­taccato Luca Cretti al penultimo giro, a poco più di 30 km dall’arrivo, l’ho subito seguito e siamo andati via noi due».

Avrai modo di indossare la maglia Tricolore?
«Da programma avevo solo un paio di appuntamenti con la formazione U23, il primo addirittura a fine settembre con la Ronde de l’Isard. Ma con la squadra stiamo cercando di aggiungere qualche altra gara, magari anche in Italia, così da sfoggiarla per qualche giornata in più».

La incornicerai?
«Al momento non ci ho pensato, non saprei dove metterla. Magari ci penseranno i miei».

Facciamo un passo indietro. Che bilancio hai fatto del Giro Next Gen?
«Rispetto all’anno scorso è stato più difficile, prima di tutto perché ero ritenuto da tutti un corridore pericoloso, e quindi ero marcato stretto, e poi perché avevo un compagno, Alexy Faure Prost, in piena lotta per il podio finale. Mi so­no sacrificato volentieri, ma ovviamente il dispendio energetico è stato molto. Ho fatto il possibile per provare a vincere una tappa, ma a Cherasco nessuno ci ha dato una mano nel provare a chiudere su Gil Gelders, e a Manerba del Gar­da eravamo rimasti in tre, Faure Prost è caduto in discesa e il mio compagno si è fermato ad aspettarlo, per cui mi son ritrovato da solo, impossibilitato a chiudere sulla fuga. Però è del tutto comprensibile che per la squadra sia molto importante la classifica generale. In più, a Povegliano e Trieste i corridori in fuga andavano veramente forte, perché in gruppo viaggiavamo a 55 km/h ma non siamo riusciti a rientrare. Con cinque corridori per squadra e senza radioline è venuta fuori una corsa abbastanza anarchica, quasi im­possibile da controllare».

Che effetto fa essere tra i più osservati e temuti in gruppo?
«Una sensazione nuova, che mi porto a casa ben volentieri. Ogni tanto, quando vedo che al primo cambio di ritmo gli avversari sono già a ruota, mi innervosisco un po’, mi viene da dire “seguite anche gli altri, mica ci sono solo me”. Però spero di farci l’abitudine, meglio così che non essere visti».

Quest’anno sei già alla quarta corsa a tappe. Quanto aiutano nella crescita di un ragazzo?
«Ti abitui a fare uno sforzo diverso, molto differente dal correre solo il sabato e la domenica. Impari a gestirti, a convivere con la stanchezza del giorno precedente, insomma migliori la cilindrata del tuo motore».

La cosa che impressiona di te è che stai andando forte da inizio anno…
«Sono sempre stato regolare durante la stagione e i risultati sono sempre arrivati. Ora, però, devo ammettere che mi sento abbastanza stanco, infatti questa settimana non ho praticamente toccato la bicicletta e sto cercando di ricaricare le batterie. Il Mondiale di Glasgow e il Tour de l’Avenir sono gli appuntamenti più importanti della stagione e ho la necessità di arrivarci il più fresco possibile».

Quali sono gli appuntamenti in avvicinamento al Mondiale di Glasgow?
«Dal 9 al 24 luglio dono stato al Sestriere in ritiro con la Nazionale, ora sono al Czech Tour con i professionisti, prima di andare a Glasgow».

Il percorso lo conosci?
«Ho già avuto modo di studiarlo un po’ su VeloViewer. Il circuito è molto im­pegnativo, soprattutto dal punto di vi­sta planimetrico, con tante curve, rilanci e strettoie. Sarà importante la posizione in gruppo e la tattica, perché te­nere la corsa chiusa non sarà per nulla facile, soprattutto perché secondo me chi sarà in fuga farà meno fatica di chi resterà in gruppo».

Nei percorsi misti, comunque, l’Italia U23 sembra avere le carte in regola per non temere nessuno.
«Sì, senz’altro, però bisognerà vedere chi tra i professionisti verrà a correre con gli U23. Ho sentito che probabilmente ci sarà Thibau Nys… quindi è chiaro che saranno poi quelli i corridori a condizionare la gara».

Glasgow fa rima con pioggia…
«Non ho difficoltà a guidare col bagnato, in primavera ed estate faccio allenamenti di 3-4 ore sotto l’acqua senza troppi problemi. Temo di più le basse temperature, speriamo non faccia troppo freddo».

E poi sarai al Tour de l’Avenir?
«Sì. Andrò a caccia di qualche tappa, ce ne sono alcune molto adatte alle mie ca­ratteristiche. Ma con corridori come Da­vide Piganzoli e Alessio Martinelli credo che avremo buone possibilità di fare bene anche in ottica classifica generale».

Un’estate densa di appuntamenti di prestigio, che Busatto spera possa permettergli di continuare ad esultare.

da tuttoBICI di luglio

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