Nel nome di Giorgia, tutti Fratelli. Fino alle elezioni

Il bello viene adesso. Ai Fratelli di tutto il Varesotto, riuniti ieri (sabato 2 dicembre) a congresso al Teatro Santuccio di Varese, non tremano i polsi davanti a una sfida epocale alle nostra latiduni: le prossime elezioni comunali. E qualora tremassero non lo danno a vedere. Dalla loro hanno Giorgia, molto di più di un leader di partito, quasi un nume tutelare. Un re, anzi una Regina Mida, che trasforma in oro tutto quello che tocca. Anche le “disgrazie” dei suoi sodali vengono con bravura colte e ribaltate in opportunità per mostrare la sua condotta retta e il suo decisionismo.

E non è un caso che Giorgia Meloni venga incoronata dal presidente provinciale (non possiamo dire nuovo) Andrea Pellicini, che le rende omaggio scandendo più volte il suo nome e le sue capacità durante il suo discorso; ma anche da un più riverente Emanuele Antonelli, il quale ne tesse le lodi senza mai dire “Giorgia Meloni”, tanto che tutte le volte che la tira in ballo dice “Lei” (“c’è Lei”; “abbiamo Lei”, “dobbiamo dire grazie a Lei”). Divina Giorgia. Per i Fratelli.

Ma un conto è Roma e ben altro sono la Valle Olona o i piccoli Comuni montani dell’alto Varesotto. Questo per dire che tra meno di un anno – da Nord a Sud della mi Provincia – si va al rinnovo di un’ottantina di Comuni e i Fratelli sono chiamati a dimostrare di essere davvero grandi. Anche tra i piccoli. Anzi, soprattutto tra i piccoli. Ovvero in quei territori dove la Lega ha sempre tratto la sua linfa per essere forte a Roma, anche quando nelle sue terre le percentuali nazionali erano basse. Si chiama radicamento, “zoccolo duro”, “militanza che non tradisce”, “esserci sempre”. Insomma, tutte armi che hanno fatto grande il Carroccio e che oggi i leghisti si chiedono dove siano finite. Già perché la sensazione è che mentre la Lega, forse per la prima volta, si appresta a condurre una campagna elettorale a mani nude, i Fratelli scendono in campo con il vessillo Giorgia, con tanta umiltà e, diciamo, curiosità, per capire quanto l’onda d’urto nazionale e regionale impatterà sul voto locale.

Consapevolezza o paura di essere forti? Questa è la domanda alla quale tutti – anche il PD, ieri presente con il sindaco di casa Davide Galimberti a portare un saluto – cercano una risposta.

Andrea Pellicini, finalmente segretario e non più commissario (e c’è una bella differenza) è il segnale di una continuità del cambiamento vincente avviato a destra e che ora tutti vediamo con la Meloni premier, ma che è iniziato quando i Fratelli stavano al 3%. E il “grande Fratello” luinese, a cui non difetta eleganza, garbo e intelligenza, mica ha gonfiato il petto e mostrato i muscoli agli alleati che oggi si sono fatti piccoli. Non serve. Pellicini li ha invitati e accolti come fa un bravo padrone di casa con gli ospiti. Sa bene che nonostante le vette del 30 e passa per cento la salita più dura inizia ora. «Abbiamo tanto da imparare»; «dobbiamo crescere come classe dirigente», ha più volte sottolineato. Lo stesso Antonelli, a cui non difetta uno spiccato “super io” e che – va detto – ha fatto forse l’unico discorso davvero politico e davvero di destra guardando dentro e fuori Fratelli d’Italia, ha parlato di umiltà e ripreso i concetti espressi dal suo segretario. Anzi, ha concluso il discorso con un: «Andrea Pellicini Busto è con te». E, conoscendo Pellicini, nelle sue parole non c’è falsa modestia, bensì la consapevolezza di una crescita del partito che fino ad ora non è stata armonica e la convinzione che Fratelli d’Italia per restare a lungo un grande partito ha bisogno dei territori. E di alleati. Di coloro che un tempo erano capitani e che ora devono fare i gregari. A proposito: la Lega con quale spirito accetterà questo nuovo ruolo? Vedremo.

Fratelli grandi o piccoli, quindi? La risposta è: Fratelli che nel cuore hanno un sogno. Fratelli che stanno metabolizzando che la destra è sempre destra, ma che questa destra, quella di Giorgia Meloni, è l’unica possibile per restare agganciati alla contemporaneità. Piaccia o non piaccia. Ma quando si governa ovunque, fidatevi, piace.

E allora sotto con le elezioni, anzi con i tavoli politici del centrodestra per completare lo scacchiere dei candidati, perché tutti guardano il dito del 30 e più per cento, ma i pochi che vanno oltre e con lo sguardano arrivano alla luna vedono che ad oggi i meloniani in provincia di Varese contano 2 sindaci, di cui uno è per ora “Fratello adottato” (dettaglio fatto notare, tra l’altro, proprio da Antonelli) e una quarantina di consiglieri. Troppo poco per essere il partito più forte nel centrodestra e per essere la forza che deve trascinare una coalizione fatta di realtà in grossa difficoltà e che si aggrappano alla fiamma tricolore. Insomma, raddoppiare i sindaci alle prossime comunali non basta e la vera forza del partito della Meloni la si vedrà da qui alla prossima estate.

fratelli lega elezioni – MALPENSA24