Galimberti e un pool di esperti illustrano il futuro della sanità: «Più vicina alla gente»

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VARESE Quella sanitaria è la sfida del futuro. Assodato: basta vedere il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e su quale capitolo sono previste le risorse governative. Una sfida nella quale si innesta anche la riforma sanitaria di Regione Lombardia. Insomma Governo e Regione. Manca un livello istituzionale dell’impianto amministrativo italiano: i Comuni. Che al momento non hanno grandi competenze in materia, ma diventeranno strategici (nella fase più acuta della pandemia l’hanno dimostrato) sia nella fase progettuale, che in quella attuativa, quando dalla teoria si passerà alla sostanza: ovvero agli stanziamenti veri e propri e alla realizzazione dei progetti.

E non è un caso che il ruolo dei sindaci e delle amministrazioni locali sia un tema di questa campagna elettorale. Per il centrodestra e per il centrosinistra. Ne ha parlato Matteo Bianchi ieri (martedì 15 settembre) al termine di una serie di incontri con realtà che operano nel campo più sociale che sanitario, ma che hanno una stretta attinenza con il mondo medico e ospedaliero più in generale. Argomento rilanciato oggi da Davide Galimberti, insieme a un gruppo di lavoro composto da professionisti medico infermieristici, i quali hanno elaborato e sottoscritto un documento che potrà essere condiviso e arricchito nel corso delle prossime settimane e dal titolo “Varese in salute, unire le forze per la salute di tutti”.

Il dato politico

Una cosa va detta. Al di là delle differenti declinazioni, Galimberti e Bianchi sembrano essere concordi su un passaggio: il ruolo di sindaci e amministrazioni non può più essere marginale sul tema Sanità. Le amministrazioni locali, ovvero il livello istituzionale più vicino al territorio, non deve “sottrarre” competenze, ma deve diventare valore aggiunto per vincere la sfida di cui sopra e che nel Pnrr può essere riassunta sotto la denominazione Case di Comunità.

In più però, a voler ben guardare, Davide Galimberti, nel presentare il documento e nel rimarcare il ruolo strategico delle amministrazioni locali su un tema fino a ora di stretta competenza regionale, lancia anche la sfida politica ai vertici varesini regionali. Ovvero al governatore Attilio Fontana, dominus delle politiche sanitarie in Lombardia, e ad Emanuele Monti, candidato consigliere a Palazzo Estense, presidente della Commissione regionale Sanità e alfiere sul territorio delle politiche messe in campo sull’argomento e del processo di riforma della Legge 23. Insomma, una sfida nella sfida.

Il documento

«Portare il Comune ad avere un ruolo centrale nelle politiche sanitarie. Questo – spiega il sindaco nell’introdurre la conferenza stampa – è uno degli obiettivi. E non a caso la questione sanitaria è un punto prioritario, forse il più importante del mio programma elettorale. Ma occorre dare sostanza e contenuti a quanto il Pnrr delinea, perché non possiamo farci trovare impreparati. E non è un caso che al documento abbiano lavorato persone esperte di sanità, ma con diverse professionalità. Profili dalla comprovata esperienza di primario di Unità operative ospedaliere, ma anche infermieri, medici di base. Senza dimenticare che Varese può contare sulla presenza dell’Università, che potrà portare un valore aggiunto sull’intera tematica. Siamo chiamati a una sfida sanitaria, infatti, che non può prescindere dal sociale. E che deve avere l’ambizione di restituire competenze e spazi di azione alla medicina territoriale». Ovvero, il Pnrr ha tracciato la road map, parla di Case di comunità, ma la partita dei contenuti (strutturali, professionali e di servizi) la si gioca anche sul territorio.

Sanità e sociale

Nell’elenco dei firmatari del documento c’è Giulio Minoia, ex direttore dell’Unità operativa di Anestesia e Rianimazione dell’ospedale di Circolo. E’ stato proprio Minoia a spiegare come il gruppo di esperti ha lavorato. «E’ un documento elaborato dal confronto tra diverse professionalità che operano, o hanno operato, nella sfera sanitaria. L’obiettivo è migliorare il livello di salute, che non significa solo cura della malattia. Abbiamo individuato una serie di temi che verranno poi ulteriormente approfonditi. Siamo partiti da una priorità: avvicinare l’ospedale alla gente. A partire dalla famiglia e dalla creazione di strutture intermedie. Il Pnrr va proprio in questa direzione dà indicazioni piuttosto precise. E non si può più parlare di sanità senza parlare di sociale. La fragilità delle persone, il prendersi cura di loro: dai bambini agli anziani»

Maggior accessibilità

Francesco Perlasca, già direttore del dipartimento Emergenza all’ospedale di Varese ha toccato due temi. «Il primo è quello dell’accessibilità al sistema sanitario. Perché il nostro ospedale è davvero un punto di eccellenza. Però il tema dell’accessibilità oggi è sempre più forte. C’è una grossa difficoltà a entrare nel sistema sanitario». E su questo è necessario lavorare “partendo da lontano”. Dall’educazione sanitaria nelle scuole (il secondo tema portato da Perlasca). «Perché – ha spiegato – sulla Sanità, per legge, il Comune può poco, perché il servizio è in capo alla Regione. Ma sulla scuola, le cui competenze sono prettamente comunali, ci sono gli spazi per lavorare e portare progettualità su temi sanitari. E questo porterebbe benefici sull’aspetto igienico e quindi sulla salute vera e propria. Pensiamo al semplice gesto di lavarsi le mani che abbiamo imparato durante il Covid, ad esempio. Ma non solo, perché in tal modo di potrebbe insegnare ai ragazzi l’organizzazione del nostro sistema sanitario. Riallacciandoci in tal modo al discorso dell’accessibilità».

Sull’educazione sanitaria, ma non solo nelle scuole, Fannì Ceconi, dirigente della struttura che si occupa del personale non medico degli ospedali di Varese: «Vorrei sottolineare che il sindaco deve avere un ruolo diverso rispetto al passato. Oggi non può più essere un interlocutore marginale anche sulle decisioni sanitarie. Per questo nel documento abbiamo dato attenzione a questo aspetto, puntando sulla collaborazione tra amministrazione e istituzioni sanitarie. Passaggio necessario per portare la sanità sul territorio. Il primo strumento è l’educazione sanitaria rivolta agli utenti per aiutarli a conoscere la propria malattia. Ma anche un’azione mirata ai caregiver, che non sempre sono pronti ad affrontare questo ruolo, e alle farmacie. Oltre a ridare anima e sostanza ai consultori che ci sono, ma sono stati svuotati di contenuti».

A portare la “voce” dei medici di base è stata Fiorella Gazzetta, presidente dell’associazione Sanità di Frontiera: «Avvicinare l’ospedale al territorio, ma soprattutto alla medicina del territorio. Come medici di base abbiamo avuto molte difficoltà a interagire con i presidi sanitari. E nel documento abbiamo valorizzato il ruolo del medico di base, che ha un’interazione più diretta e continuativa con i propri pazienti. Anche con quelli stranieri, che hanno diritto all’assistenza sanitaria, ma che gli ostacoli burocratici rendono difficoltoso garantirlo».