Malpensa, presidio anti aggressioni: i sindacati sensibilizzano i passeggeri

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MALPENSA – «Malpensa è un luogo di lavoro. Non un posto dove chi sta facendo il proprio dovere rischia ogni giorno di essere aggredito». E’ netta la posizione di Antonio Perna, segretario regionale Flai Ts, presente questo pomeriggio a Malpensa dove insieme a Adl e Usb Lavoro Privato, è stato promossa una manifestazione con presidio «Per accendere un faro sulla tutela e sicurezza dei lavoratori. Abbiamo tutti l’obbligo di debellare con tempestività di intervento il fenomeno delle aggressioni. Nessuno deve essere lasciato solo».

Sensibilizzare i passeggeri

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Il tema è noto e sta agitando in queste settimane lavoratori e sindacalisti. Alle 14.30 di oggi, mercoledì 15 settembre, più di una sessantina di lavoratori ha aderito al presidio promosso dalle tre sigle sindacali autonome. Un presidio “in due tempi”. «Prima all’esterno delle partenze del Terminal 1, davanti alla porta 13 – spiega Perna – Quindi all’interno del Terminal stessa, nell’area check in». Qui l’obbiettivo è stato «Quello di coinvolgere anche i passeggeri – continua il segretario regionale di Flai Ts presente con il segretario generale Andrea Orlando – Abbiamo parlato direttamente con loro. Ci siamo ovviamente scusati per il trambusto ma lo abbiamo motivato». Ai passeggeri, perché tali erano gli autori delle aggressioni registrate ai danni del personale che lavora in aeroporto. «Vogliamo sensibilizzarli – continua Perna – La situazione è difficile per tutti. La pandemia ha reso tutto difficilissimo, le compagnie low cost devono chiarire meglio le loro policy sui costi del bagaglio. Ma aggredire chi sta lavorando non ha senso. Perché si blocca l’aeroporto (l’ultimo aggressore è stato denunciato per interruzione di pubblico servizio) perché si ostacola una realtà che, faticosamente, sta cercando di ripartire».

Un numero di telefono non basta

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I sindacati chiamano in causa, così come già fatto da Cgil, Cisl, Uil, Ugl e Cub, anche «Enac, polizia di Stato e Sea – conclude Perna – Sono loro i nostri principali interlocutori. Sono loro che possono e devono intervenire a tutela dei lavoratori. Perché non basta istituire un numero di telefono da contattare in caso di aggressione quando poi i soccorsi arrivano in ritardo. Servono forme di tutela concrete».

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