Presidio Usb dopo la fiaccolata: «Ospedale di Gallarate riferimento per Malpensa»

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GALLARATE – Le difficoltà che sta affrontando l’ospedale di Gallarate non preoccupa solo cittadini e istituzioni politiche, ma anche i lavoratori di Malpensa. Lo dice il sindacato Usb Varese, specificando in una nota che è «il riferimento di primo soccorso per i dipendenti dell’aeroporto, per i passeggeri e per l’indotto». Quanto basta per unirsi agli oltre duemila manifestanti che giovedì scorso (8 giugno) sono scesi in piazza e proclamare un nuovo presidio, previsto per il 15 giugno alle 11 di fronte al Sant’Antonio Abate.

Le richieste

Usb Varese, in una nota, si dice «al fianco dei cittadini di Gallarate, delle associazioni e dei lavoratori». E ribadisce la necessità di «mantenere la struttura ospedaliera aperta e funzionante, anche per l’accoglienza dei lavoratori dell’aeroporto – e non solo – in caso di infortunio». Anche perché «i casi purtroppo non sono rari, gli incidenti sul lavoro sono frequenti e di origine principalmente traumatica». Di più: «Spesso non ci si può permettere un viaggio anche di soli dieci minuti in più per raggiungere il presidio di Busto Arsizio. O persino 20-30 per l’ospedale di Legnano». Da qui, una serie di richieste precise. Come «le assunzioni stabili di personale nella sanità pubblica e il ripristino delle decine di migliaia di posti letto tagliati per la spending review». Ma anche «la riapertura e il potenziamento dei servizi territoriali», oltre alla «cessazione immediata dell’affidamento della salute pubblica alle speculazioni dei privati».

Lo «schiaffo ai cittadini»

Inoltre, il progetto di un unico ospedale tra Gallarate e Busto «si inquadra nel piano di smantellamento della sanità pubblica di prossimità», precisa Usb. «Viene affermato che il Sant’Antonio Abate non funziona. Ma non può funzionare se vengono chiusi i reparti di Radiologia e di Cardiologia, se il Pronto Soccorso è privo di risorse strumentali e professionali». E ancora: «Affidare a una cooperativa la chiamata del cardiologo, in caso di necessità, è uno schiaffo nei confronti dei cittadini. Ai quali occorre un intervento immediato e continuativo, non un medico sfruttato e convocato a chiamata». Fino all’affidamento dei malati cronici «ai servizi privati: l’ennesima speculazione sulla pelle di chi è in condizioni di maggiori fragilità e rischio».

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