La Russia e la Cina, più che l’amor potè il danaro

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Xi Jinping e Putin, un "amore" a metà?

di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, qualche giorno fa un giornalista ha chiesto, non so con quanta finta tranquillità, quando finirà questa guerra insensata. António Guterres, riconfermato per un secondo mandato nel 2021 Segretario generale dell’ONU, ha risposto seccamente “Quando Putin vorrà” ed io credo che abbia certamente ragione. Forse vi ricorderete che, tempo addietro, avevo scritto che una pace era possibile. La Russia poteva “accontentarsi” di congelare la situazione del 2014 con l’annessione della Crimea, l’”indipendenza” delle repubbliche di Donetsk e Lugansk con governi amici e i porti prospicenti il mar d’Azov. Oggi non può più essere così. Alcune fonti d’informazione dicono che i più stretti consiglieri di Putin (ammesso che li ascolti) spingono il nuovo zar ad una posizione più intransigente e alla conquista non solo di tutto il Donbass ma anche di tutta l’area sud- orientale, in modo da privare l’Ucraina di qualsiasi accesso al mare.

Se questo è il piano, non credo che l’Europa possa intimidire il colosso russo con le sanzioni. Occorre sottolineare che questa strategia sta mettendo in grande difficoltà l’economia del nostro continente e il malcontento delle popolazioni europee inizia a farsi sentire. Le opinioni pubbliche, stanche di un difficile tempo dettato dal Covid e da una imminente nuova recessione legata alla guerra, mal tollerano la prospettiva di un nuovo faticoso periodo di sacrifici. L’unità europea non appare così solida come molti commentatori affermano. Qualche strappo è già apparso. L’Ungheria e l’Austria hanno deciso di adeguarsi alle richieste russe. E la Germania di Ursula von der Leyen non appare molto allineata dovendo dipendere in gran parte dalla Russia per il rifornimento del gas necessario per la propria attività industriale. Ed anche per il petrolio il governo tedesco sta discutendo in questi giorni.

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Ivanoe Pellerin

Molti osservatori guardano ad oriente. Il patto del 4 febbraio che ha legato “in modo indissolubile” l’orso russo al drago cinese (come si dice, amore eterno) non lascia molte speranze. All’ONU la Cina ha rifiutato di condannare la politica di Mosca e sappiamo bene che gli autocrati si guardano con simpatia e considerano decadenti le democrazie occidentali. Ma, si sa, le faccende della storia cambiano rapidamente e “più che l’amor poté il danaro”. Giovedì 28 aprile a Hong Kong, i vertici della Sinopec, il gigante energetico cinese, hanno affermato apertis verbis che stanno commercializzando ingenti quantitativi di gas liquido su larga scala secondo i criteri del mercato internazionale. Quasi i due terzi del gas che la Cina importa per le sue industrie arriva sotto forma liquida. Il 40% dall’Australia e il 10% dagli USA. L’import di questo gas dalla Russia non si discosta dai valori consueti, intorno alle 300-400.000 tonnellate.

L’opinione di Maurizio Stefanini, giornalista e saggista, mi pare interessante. Potrebbe essere che sia proprio la relazione con i mercati europei e americani a scoraggiare la Cina ad un aperto e più consistente sostegno alla Russia. Stati Uniti e Unione Europea rappresentano più di un quarto del commercio globale della Cina mentre con l’amico asiatico siamo fermi al 2,4%. Nel primo trimestre dell’anno corrente gli scambi commerciali con l’UE sono arrivati a quasi 206 miliardi di dollari. Mi pare un impegno economico ragguardevole. È vero che Pechino non ha condannato l’aggressione all’Ucraina, che non ha appoggiato le sanzioni economiche contro la Russia, che sta incrementando le importazioni di gas naturale dal vicino asiatico, ma pare anche che la Shell abbia iniziato intensi colloqui con le compagnie petrolifere cinesi per vendere la sua partecipazione al progetto Sakhalin nell’estremo oriente russo.

L’agenzia britannica Reuters riferisce che la Sinopec ha sospeso le trattative con una compagnia petrolchimica russa per la costituzione di una joint venture. Poiché la maggior parte dell’export cinese viaggia verso occidente, forse Xi Jinping non vuole rinunciare al sorpasso sul Pil statunitense che intende realizzare entro questo decennio e a diventare la prima potenza economica del pianeta. Forse questa è la ragione per la quale il drago cinese fa finta di non appoggiare con convinzione e con impegno l’orso russo. Cari amici vicini e lontani, forse davvero “più che l’amor poté il danaro”.

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