La Schlein che non fa centro

lodi schlein amministrative
Elly Schlein

di Massimo Lodi

Sarà pur vero che la Schlein sprofonda essendole mancato il tempo d’invertire la tendenza negativa ereditata dal Pd. Ma ci ha messo del suo, eccome se ce l’ha messo, per favorire il rovescio che ha squassato i Dem alle amministrative. Ha fatto peggio di Zingaretti e Letta. Troppa radicalità, troppo parlarsi addosso, troppi esercizi d’acrobazia demagogica, troppe bolle di sapone. Non puoi impensierire la destra che gode del vento europeo a favore (Finlandia, Grecia, Spagna) senz’attivare un’alternativa credibile di sinistra. Includendovi il centro, laico e cattolico, area indispensabile a marcare la differenza.

Macché. La Schlein non ha persuaso Conte al patto di ferro, Conte ha mirato a lucrare nell’area di possibile dissenso dalla Schlein, entrambi si son tenuti a lunga distanza da Renzi-Calenda, coppia grondante di mediocri litigi, però rappresentativa di un milieu dove idealmente si riconoscono molti italiani che vanno a votare. E molti che a votare non ci vanno. Di qui il capolavoro al contrario: 1) mancanza di realismo; 2) estraneità al sentire diffuso dei marginali che trovano a destra quanto gli nega la sinistra; 3) grazioso regalo ai rivali. Alla premier specialmente, che vede arrivare (lei sì) in dono l’inaspettato acronimo: Lgbtq. La Giorgia Batte Tutti Qualunquemente. Checché ne dicano/ne critichino gli altri.

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Massimo Lodi

Mentre Meloni costruisce un’intesa europea tra conservatori e popolari in vista delle urne 2024 minando l’alleanza Ppe-Pse, Schlein distrugge ogni chance di mantenere il patto attuale a Bruxelles-Strasburgo. Anziché privilegiare il riformismo liberal moderato, che non significa chiusura a esigenze/speranze/diritti dei più sfortunati, spinge sul tasto d’una rivolta di sistema. Non accorgendosi della scarsa o nulla presa del progetto su una vastissima platea, cui poco importa di battaglie intellettual-elitarie e importa tanto del morso doloroso della quotidianità.

E dunque. O la segretaria cambia indirizzo, tirando dalla sua parte sia Conte prosciugato dallo sloganismo populista sia il resto della galassia estrema rossoverde, o non ci sarà errore del governo Meloni di cui possano giovarsi gli anti-governisti. La sinistra necessita di rifondarsi, ma non tramite un accordicchio al ribasso, e invece dotandosi d’un progetto ideologico-culturale innovativo. Che al centro abbia il centro medesimo. Ove per centro s’intende la centralità dei desiderata della gente comune, il blocco sociale -partito del lavoro, tradizionale e futuribile- che innerva l’Italia e al quale dà sui nervi chi ne ignora lo spirito pratico. Condividendolo a parole, ignorandolo nei fatti. Con il rimorso, numeri alla mano, d’essere maggioranza nel Paese (se esistesse in pratica, il teorico campo largo vincerebbe ogni partita elettorale) e minoranza quand’è il momento di contare i voti. Lo scenario adatto a scindersi, se la rappresentazione non cambia e gli attori neppure. Del resto, il Pd aveva scelto un diverso leader, poi sconfitto dalle truppe verosimilmente organizzate delle primarie. Fantastichiamo? Mah. 

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