La seconda Repubblica. E Mattarella

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di Luigi Patrini

La Seconda Repubblica inizia ora. Finalmente è forse finita la lunga crisi della Prima, rimpianta da molti ma ineluttabilmente finita con la dissoluzione della Democrazia Cristiana, il partito che, insieme al suo antagonista comunista, ne è stato l’asse portante, l’asse “democratico”, visto che l’antagonista “storico” è stato a lungo finanziato dal PCUS e dai suoi eredi russi – è documentato – per qualche anno anche dopo la caduta del Muro di Berlino.

A far finire il baluardo democristiano sono state molte cause. Cito solo le tre che, a mio parere, fanno da cornice e sfondo a questa lunga agonia: la prima è il benessere diffuso, che ha infiacchito la cultura popolare intrisa di un cristianesimo non sempre vissuto con consapevolezza e intensità (certo non solo da parte dei cosiddetti “cattolici adulti”!); la seconda è l’insinuarsi perverso della politica nei gangli della Magistratura, alcuni membri della quale non hanno sempre saputo resistere alla tentazione di lasciarsi usare da una politica (che aveva “le mani pulite” perché usava i guanti!), che li ha strumentalizzati brutalmente (il “caso Palamara” docet); la terza è, infine, una crescente disaffezione diffusa verso l’impegno e la “fatica” che la vita umana vera porta sempre con sé, fatto – quest’ultimo – che ha portato, tra l’altro, ad un forte incremento dell’astensionismo elettorale.

Vi sono poi tante altre molteplici cause della crisi e della fine della Prima Repubblica: le lascio agli storici che ce le spiegheranno con dovizia di particolari!

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Luigi Patrini

Sono convinto che la rielezione di Mattarella alla Presidenza della Repubblica fosse prevedibile; nella conferenza stampa di fine anno Draghi era stato esplicito: il Presidente non poteva essere eletto che dalla maggioranza che sostiene l’attuale Governo. I partiti (o, meglio, quel che ne è rimasto nella nostra società “liquida”, ormai già “gassosa”!)  hanno commesso il grave errore di non capire che Presidente – a causa delle attuali difficili contingenze politiche – non avrebbe potuto esser che Draghi stesso o Mattarella. Paradossalmente si può dire che, questa volta, il Presidente è stato eletto dal Capo del Governo, che si è mosso con cautela e intelligenza e, oltretutto, ha saputo interpretare meglio dei partiti il sentire del popolo italiano!

So bene che su questo punto potrei essere contestato da chi sostiene che Draghi puntasse lui al Quirinale: come sempre le cose possono essere viste da punti di vista diversi (i più anziani tra i miei lettori ricorderanno certo l’indimenticabile film “Rashomon” di Akira Kurosawa!) e gli storici ce ne daranno adeguata documentazione. In questo momento spero che la saggezza di Mattarella tenga a bada i partiti e Draghi non decida di dimettersi, visto che per l’Europa pare essere il “garante” più credibile che abbiamo.

La rielezione di Mattarella, a differenza di quella “a tempo” di Napolitano, presenta molti segni di novità: il più evidente è certo la stretta connessione che si è realizzata tra Governo e Presidenza della Repubblica, due Istituzioni tradizionalmente distinte tra loro. I partiti ed i loro leader hanno sbagliato tutti: chi più, chi meno. Gli errori maggiori li ha commessi il centrodestra: in primo luogo Berlusconi, che si è autocandidato (ma quanti possono aver pensato che avesse davvero la possibilità di essere eletto?); forse l’ha fatto proprio per dare a Salvini la possibilità di suicidarsi, come è accaduto; Salvini si è mosso con l’illusione di essere il king maker del Presidente e di diventare il leader di un centro-destra che, pur maggioritario nei sondaggi d’opinione, appare ora in piena dissoluzione; la Meloni stessa, volendo enfatizzare la sua posizione, ha dato il colpo di grazia e ora si illude di federare lei un centro-destra ormai liquefatto.

Molto difficilmente le tre “punte” del centro-destra riusciranno a ricucire l’alleanza: troppe le tensioni personalistiche tra i tre leader. I loro tre partiti (Lega, FdI, FI), o cambiano il proprio leader o non si rimetteranno mai in un’alleanza organica: troppe tensioni e rivalità tra loro! Non parliamo degli errori dei 5Stelle: l’emblema più significativo ne è lo scontro tra Conte e Di Maio, e le oscillazioni degli altri semi-leader; adesso poi c’è la complicazione prodotta dalla Magistratura che ha annullato il ruolo di capo di Conte, mettendo in crisi anche il progetto di Letta di “annettersi” i grillini (naturalmente in una “alleanza alla pari!); lo stesso PD ha fatto i suoi errori e Letta può solo vantarsi di aver sbagliato “un meno” degli altri, ma non sta certo meglio ora che affannosamente “insegue” Renzi nella ricerca di spazi al centro.  In realtà neppure il centro ha più consistenza: se destra e sinistra si dissolvono, il centro, frammentato in tanti “partiti-scheggia”, rischia di diventare solo un luogo fumoso, nel quale fatica ad emergere una proposta politica seria, consistente e realmente capace di attrarre consensi.

La Politica dovrebbe approfittare di questa situazione di forte malessere per compiere un salto di qualità, avendo l’onestà di capire che una società democratica deve essere “libera” veramente. Per “liberare la libertà”, come direbbe Benedetto XVI, occorre una rivoluzione che è culturale prima che politica: per essere davvero liberi, infatti, occorre abbandonare le ideologie, per rimettersi seriamente alla ricerca della verità. Solo la verità rende realmente capaci di libertà.

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