L’augurio migliore, nonostante tutto

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La domanda è all’apparenza banale: che Pasqua sarà? Eppure, proprio nella sua banalità, ci rivela la tragicità del momento, che non serve descrivere, né puntualizzare nelle sue declinazioni più pesanti, dalla guerra in Ucraina alla crisi energetica, dalla coda della pandemia ai profughi, fino alle tensioni di una politica che non riesce, nemmeno in simili circostanze, a definire un percorso comune e affidabile. Mai ci saremmo aspettati un periodo come l’attuale. Che adesso cerchiamo di esorcizzare in tanti modi, soprattutto uno: rimuovendo il peggio che ci frana addosso, come se il peggio fosse una proiezione virtuale, come se non fossimo più capaci di capire cosa sia vero e cosa falso.

Una linea di confine, tra il vero e il falso, sempre più labile e incombente. Ci stiamo abituando persino al dolore, quello degli altri, quello che sta annientando una nazione e i suoi abitanti. Il rischio è la fuga dalle nostre responsabilità morali. Le terribili immagini dell’Ucraina martoriata dalle bombe, la sua Via Crucis, finiscono per essere confuse con una fiction, ci scorrono davanti e quasi proviamo fastidio. C’è chi addirittura si irrita: “Che barba questa guerra: non è la nostra guerra”. Invece è anche la nostra, perché pone in bilico i valori dell’Occidente, con tutti i suoi errori, le indeterminatezze, le sciatterie dei potenti che lo governano, gli egoismi delle nazioni e tutto quel che ne consegue. Ma con la consapevolezza di un immenso principio sinora salvaguardato e da salvaguardare: la libertà. Per la quale ciascuno di noi dovrebbe essere pronto a sacrificare un pezzetto delle sue sicurezze e comodità.

Abbiamo o, meglio, dovremmo avere l’obbligo di non cedere all’indifferenza. Tradiremmo i significati più profondi della Pasqua come rinascita, come inno alla vita che risorge e continua. Un messaggio di speranza per chi crede e per chi passa oltre, un rinnovato orizzonte a cui aggrapparsi nel mezzo delle nostre recondite paure, nelle più fosche previsioni di un conflitto nucleare, dentro le minacce di una Russia tornata indietro di decenni, che pone un tremendo punto interrogativo sulla pace globale. Una speranza, certo. Che Jim Morrison, il carismatico e tragico frontman dei Doors, sintetizzava con una delle sue iconiche frasi: “Non c’è notte tanto lunga da non permettere al sole di risorgere il giorno dopo”. Ci sembra il miglior augurio pasquale che possiamo rivolgere ai nostri lettori, e non soltanto a loro.

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