Legnano, omicidio Aloisio: c’è il teste a “sua insaputa”. «Non so che processo sia»

LEGNANO – E’ tornato in aula oggi, venerdì 20 novembre, il processo per l’omicidio di Cataldo Aloisio, ucciso il 27 settembre 2008 a Legnano, davanti alla Corte d’Assise del tribunale di Busto Arsizio presieduta da Rossella Ferrazzi. Al banco degli imputati siedono (seppur in collegamento da remoto dalle carceri dove sono detenuti) Vincenzo RispoliSilvio FaraoVincenzo Farao e Francesco Cicino. Il contesto scandaglia le dinamiche interne alla locale di ‘ndrangheta Legnano-Lonate, al cui vertice gli inquirenti collocano proprio Rispoli, emanazione del clan cirotano Farao-Marincola. Contesto nel quale l’omicidio sarebbe maturato 12 anni fa.

Mai parlato dell’omicidio

Due i testi sentiti oggi: Adalberto Leo e Antonio De Luca. Amico fraterno il primo, dipendente il secondo, di Aloisio, che furono le due persone che ebbero i maggiori contatti con la vittima il giorno prima dell’omicidio. Leo, che da 22 anni vive in Lombardia e che gestiva un Compro Oro a Somma Lombardo, e che a Cirò Marina conosce tutti, non ricorda praticamente nulla di quelle ore. Non è certo di aver fatto o ricevuto telefonate, ha una lunga serie di buchi di memoria, e dell’omicidio non ha mai parlato parlato con nessuno. Nessuna ipotesi, nessun confronto nonostante sia stato tra gli amici vicini alla famiglia Aloisio a recarsi dai carabinieri di Monza, quando il cadavere venne ritrovato, per accertarsi dell’accaduto. Addirittura, incalzato sia dal pm della Dda di Milano Cecilia Vassena dai banchi dell’accusa sia dal presidente Ferrazzi, dallo scranno più alto, Leo ha asserito di essere lì, oggi, in quell’aula perché aveva ricevuto una citazione. «Ma lei sapeva per quale processo l’avremmo sentita oggi?», ha chiesto il pubblico ministero. Risposta: «No». Solo in un secondo momento il teste ha ammesso di aver ipotizzato con i famigliari che forse avrebbe potuto essere per la vicenda Aloisio della quale, in ogni caso, lui non sa nulla.

Non ricordo niente

Molto simile la testimonianza di De Luca. Una lunga serie di «Non ricordo» oppure «Sono passati tanti anni» ha costellato la sua testimonianza. Il pubblico ministero ha così concluso: «Quindi un suo cugino di secondo grado, una persona a lei vicina, un uomo per il quale addirittura lavorava, viene assassinato e lei di quelle ore non ricorda niente. Non ricorda quali reazioni ci furono, non ricorda nulla. Ne prendo atto». Si torna in aula il 4 dicembre.

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