L’ex alunno Gabbia (Milan) tra i banchi del Pantani di Busto: «Mai mollare»

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BUSTO ARSIZIOClasse 1999: un’annata straordinaria per il liceo Pantani di Busto Arsizio. Infatti due degli studenti sono riusciti a realizzare il loro sogno nel cassetto diventando campioni nel mondo del nuoto e del calcio. Sono Nicolò Martinenghi e Matteo Gabbia che oggi, lunedì 15 febbraio, ha incontrato diverse classi del Liceo e Professionale Sportivo “Pantani” di Busto Arsizio.

Da Busto a San Siro

Dalla maturità conseguita proprio al Pantani di Busto, primo importante traguardo, ai campionati mondiali di nuoto e alla serie A di calcio. Così Martinenghi e Gabbia diventano le stelle del liceo e di tutta la città. E oggi proprio Matteo Gabbia, che giova nelle giovanili del Milan, è tornato tra i banchi del Pantani per incontrare i giovani studenti.

Un ragazzo umile

«È veramente un orgoglio, oltre che una grande emozione – dice la professoressa Ciapparella – vedere che un tuo studente raggiunga tali risultati. È un orgoglio perché sai che per  una piccola parte lo hai accompagnato anche tu. Lo hai sostenuto e incoraggiato nei momenti più impegnativi e complicati legati anche all’adolescenza. Matteo è sempre stato un ragazzo umile, non ha mai sottovalutato l’importanza dell’istruzione e il conseguimento del diploma, e soprattutto non si è mai fatto vanto, con i compagni di classe, della sua posizione».

Per diventare campioni bisogna sudare

Il mondo del calcio, però, non è tutto rose e fiori e ad affermarlo è proprio Gabbia, che ha raccontato anche le fatiche, le delusioni e i malcontenti. «Ma c’è sempre un ma. Tutto quello che ti capita, tutte le mazzate che ti arrivano sono il punto del tuo riscatto, il punto di ripartenza che poi ti fa gustare i traguardi che raggiungi. Non bisogna mollare mai, se vuoi raggiungere il tuo obiettivo servono tenacia, forza di volontà e a volte cocciutaggine».

«Difensore centrale, maglia n°46, se togli il 4 rimane il 6 – dice la prof. Ciapparella- maglia dello storico capitano Franco Baresi, anche lui tra l’altro difensore centrale: ci hai mai pensato? Cosa provi a riguardo?»

«Sì, ho avuto anch’io questo pensiero e devo dire che, oltre alla grande emozione, mi sento addosso anche una responsabilità. Baresi è una persona straordinaria, un grande campione, un grande esempio per me ed è un orgoglio giocare nel suo ruolo»

Perché il numero 46?

«È l’anno di nascita di mia nonna Adriana, mi ha sempre supportato e sostenuto in questo mio percorso, così come nonno Gilberto e i miei genitori. A lei devo tanto, oltre all’affetto che mi ha sempre manifestato, mi è sempre stata accanto e mi ha aiutato a mantenere ben saldi i piedi per terra man mano raggiungevo i grandi traguardi. Erano i miei nonni che mi portavano allo stadio ad assistere le partite, insomma è un segno di riconoscenza e di affetto verso di lei e il nonno».

Durante l’incontro sono arrivate anche molte domande dagli studenti sul primo ingresso a San Siro e il rapporto con Ibrahimovic. «Ho avuto la fortuna di calcare l’erba di san Siro prima del lock down: è veramente una grandissima emozione. L’atmosfera quando lo stadio è pieno è indescrivibile, ti porta l’adrenalina a mille, ma allo stesso tempo ti fa sentire addosso una grossa responsabilità: devi stare attento, non vogliono che sbagli. Quanto a Ibra è una grande persona, autorevole negli spogliatoi perché pretende da tutti il massimo, qualunque sia la situazione in campo. È un grandissimo esempio per noi giovani, come per tutti gli altri: a Milanello è il primo ad arrivare e l’ultimo ad uscire. Se lo fa un uomo di quasi 40 anni e nella sua posizione, come non possiamo anche noi comportarci allo stesso modo?

«Cosa succede prima della partita e tra un tempo e l’altro negli spogliatoi? Come ti prepari?»

«Una volta arrivati allo stadio, ci raduniamo nello spogliatoio con il mister. Il mister ci dà le ultime informazioni tecnico- tattiche e di atteggiamento in campo. Poi parte una musica soft, alcuni si mettono le cuffie per sentirsi quella che più gli piace, questo crea un’atmosfera serena e di concentrazione. Durante l’intervallo è più o meno la stessa dinamica».

«Com’è stato il tuo rapporto con la scuola?»

«Devo dire che il mio percorso scolastico è stato regolare i primi tre anni; gli ultimi due, dato anche il passaggio nella Primavera e gli allenamenti con la prima squadra, gli impegni con la società sono diventati sempre più intensi. I miei docenti mi hanno sempre supportato e sostenuto, riconoscendo tutte queste difficoltà, la mia famiglia ha avuto un ruolo importante anche in questo ambito, la società ha sempre messo in luce l’importanza della scuola oltre che del calcio: ricordo benissimo quando la prof. Ciapparella a fine quadrimestre e a fine anno consegnava le mie pagelle ai responsabili del Milan. Chi sgarrava a scuola veniva ripreso dalla società: saltava per un certo periodi allenamenti e partite. Ho sempre ritenuto corretto questo atteggiamento, anche se quando ero più piccolo non ne capissi bene l’importanza; mi ha aiutato a crescere e ad essere responsabile».

Tante altre sono state le domande dei ragazzi, Matteo ha risposto a tutte, ma è dovuto scappare perché Mister Pioli lo attendeva per il pasto con la squadra e «guai arrivare in ritardo».

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