Ferrovia Gallarate-Malpensa, per sì del Tar decisiva la rinuncia del Parco del Ticino

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MALPENSA – «Infondato, inammissibile o improcedibile». Il Tar è stato chiaro. Ieri, 11 marzo, è stato respinto il ricorso presentato dai Comuni di Casorate Sempione e Cardano al Campo per fermare il progetto ferroviario per unire Gallarate con il terminal 2 di Malpensa. I motivi sono diversi. Ad avere un ruolo fondamentale in questa partita è stato il Parco del Ticino, che scendendo a compromessi con Regione Lombardia ha di fatto portato l’ago della bilancia in una direzione ben precisa: la posa dei binari. Ma non è l’unico motivo.

L’intesa Parco-Regione

Il punto di partenza è proprio la posizione assunta dall’ente che tutela l’ambiente. La sospensione dell’efficacia del Paur (Provvedimento autorizzatorio unico regionale), «è venuta meno a seguito della sua rinuncia all’opposizione, con la presa d’atto da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri», si legge nella sentenza del Tar. Da qui, una serie di provvedimenti da cui «si evince che gli impegni assunti da Regione Lombardia per il raggiungimento di un’intesa con il Parco del Ticino» sono stati ritenuti – proprio dal Parco – «idonei a superare le criticità espresse», cita il documento. Questo perché «l’amministrazione regionale riconoscerebbe le compensazioni ambientali nella misura richiesta, oltre a fornire garanzie sulla realizzabilità del quadruplicamento del collegamento ferroviario Rho-Parabiago e sulla possibilità di utilizzare l’infrastruttura ferroviaria anche per il trasporto merci». Accordo che è stato qualificato come «integrativo rispetto alla determinazione conclusiva della conferenza dei servizi». Portando, di fatto, a «depotenziare la fondatezza delle originarie contestazioni avanzate dalle amministrazioni locali ricorrenti contro il Paur».

Le compensazioni ambientali

Il tutto si è tradotto nella volontà di trovare ulteriori opere di compensazione ambientale. Che «sono state individuate e pattuite». E che sono «inerenti alla “individuazione di aree impermeabilizzate o costruite, da decostruire attraverso interventi di demolizione e de-impermeabilizzazione”». Da intendere come «l’acquisizione delle aree, l’asportazione di asfalti o demolizioni, la lavorazione del terreno per il ripristino dell’uso agricolo, la sostituzione del terreno superficiale e la semina fondo naturale». Opere legate a quei 3,4 milioni di euro che Ferrovie Nord corrisponderà al Parco.

Un ricorso «infondato»

Sulla domanda di annullamento del Paur, il ricorso secondo i giudici amministrativi di Milano è «infondato» per diversi motivi. Ma soprattutto perché «la questione era già stata trattata nel documento di Via, con l’individuazione di misure prescrittive con oneri a carico del proponente sulla vegetazione compromessa, oltre che per le opere da realizzare “prioritariamente” nell’ambito del parco naturale o del parco regionale lombardo della valle del Ticino, a cui si aggiungono ulteriori interventi in aree di Comuni esterni ai parchi».

La Soprintendenza

Un’altra questione riguarda la mancata acquisizione del parere della Soprintendenza sull’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione. Che nonostante fosse «stata invitata alla conferenza dei servizi, non ha partecipato». Un fatto comunque che non determina l’illegittimità dell’incontro, viene chiarito. Infatti, «l’inerzia tenuta dalla Soprintendenza ha avallato nella sostanza la determinazione regionale positiva».

Le alternative

E ancora: la relazione approvata dalla Commissione istruttoria della giunta regionale relativa al progetto «aveva evidenziato la presa in esame delle altre principali alternative, “compresa l’alternativa zero”». D’altra parte, continua, «i Comuni ricorrenti non hanno allegato per quale ragione l’opera non avrebbe dovuto essere effettuata». Riferimenti poi alla «mancata acquisizione del parere del Parco ai fini della valutazione di incidenza: il motivo è improcedibile, proprio in conseguenza dell’intervenuto parere positivo del Parco sul progetto».

L’analisi del contesto

Infine resta la «pretesa erroneità dell’analisi del contesto condotta dal proponente». Che da un lato «è inammissibile per genericità e nella parte in cui è volto a sindacare il merito dell’azione amministrativa svolta dalla Regione». Dall’altro «è infondato, perché non sono state evidenziate specifiche incompatibilità dell’opera con il contesto ambientale». Fermo restando, dice la sentenza, che «tale valutazione ha tenuto congruamente conto che il tronco ferroviario progettato si inserisce in un contesto a forte antropizzazione».

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