Manovre italiane per il voto europeo

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di Gian Franco Bottini

Le prossime europee saranno elezioni “vere”! Sarebbe importante che così la pensassero anche gli elettori, comprendendo che il risultato non sarà  qualcosa di ininfluente, anche rispetto ai “mal di testa” di casa nostra. Per comprendere cosa intendiamo per “vere”, basti pensare che l’ultima volta che andammo a votare per il Parlamento Europeo (2019), di pandemia e di guerra sull’uscio di casa non c’era nemmeno il pensiero. La metà degli elettori non si presentò ai seggi, convinta che fra reddito di cittadinanza, quota 101 e superbonus 110 tanto valeva “andare al mare”, sulle belle spiagge del paese del Bengodi.

Oggi, di quel periodo “felice” abbiamo sul groppone tutte le pesanti conseguenze economiche e sociali,  alle quali si aggiungono quelle causate dai nefasti ed inattesi eventi che da allora si sono succeduti. Oggi, rispetto al 2019, è davvero un altro mondo!

Anche verso l’Europa dovremmo, da allora,  aver cambiato considerazione e, pur nelle differenze di opinioni e nello scontro di egoismi, tutti i Paesi componenti pare abbiano compreso che dalle difficoltà si esce solo insieme. Lo hanno compreso persino Francia e Germania che allora facevano gli “sbruffoni” e che oggi sono costrette a viaggiare ad orecchie abbassate (e badate: ciò non giova ad alcuno!).

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Gian Franco Bottini

Il nuovo Parlamento europeo dovrà cambiare questa Europa, che così come è fatta non è più sufficiente per poter partecipare con autorevolezza alle sfide in atto nella composizione di un nuovo assetto del potere universale. Nessuno si offenda se si dice che, fin dal loro nascere, la nostra politica ha, in molti casi, ritenuto le elezioni europee lo “sfogatoio” privilegiato (e soprattutto gran ben pagato!) per la sistemazione di questioni personali interne, riguardanti “trombati” eccellenti, “emarginabili” di riguardo, consistenti finanziatori di partito, lobbisti  e così via.

Così come, i partiti hanno spesso “usato” le elezioni europee, sfruttando particolari situazioni del momento, per fissare dei numeri del tutto estemporanei, utili però a “darsi delle arie” da spacciare nel corso delle spartizioni del potere  nazionale; ricordiamo gli evanescenti 41% di Renzi nel 2014 e 34% di Salvini nel 2019. Oggi la politica, per prima, dovrebbe sapere che le elezioni del prossimo anno saranno “vere” e propedeutiche a decisioni vitali per i prossimi decenni. Esiste quindi la necessità che i partiti abbiano l’onestà intellettuale di non fare scelte legate a puro interesse elettorale,  promuovendo candidature qualitativamente all’altezza e lontane dai  vecchi parametri poc’anzi citati.

Le premesse in tal senso non sono però delle migliori se si considera che i 3 partiti che governano insieme nel nostro Paese, nel Parlamento europeo partecipano a 3 coalizioni diverse e con ben differenti fisionomie. Come dire: amici in Italia, avversari dopo Chiasso;  con l’obbligo di spiegare agli elettori come il nostro Paese potrà presentarsi in modo credibile a Bruxelles, con posizioni forti perché unitarie e condivise. F.d.I., che nel nostro governo rappresenta la parte più estrema della coalizione di destra, in Europa ambisce a proporsi come leader di una aggregazione  di “conservatori” più moderati; la Lega che in Italia tende ad appropriarsi di quell’elettorato orfano di Berlusconi, in Europa si associa alla destra più estrema rappresentata dalla signora Le Pen;  F.I. (per quel che oggi vale) a Roma si barcamena qua e là per esistere, in Europa partecipa al Partito Popolare, centrista e moderato. Quasi si fossero messi tutti d’accordo per viaggiare in Europa a posizioni invertite rispetto a quel che succede in patria.

C’è poi chi fa filtrare l’ipotesi di ridurre il quorum elettorale  o eliminare, anche qui, le preferenze; tutti segnali evidenti che la politica si sta interessando, prima ancora che della reale portata di queste elezioni, dei soliti e conosciuti interessi di bottega. Ipotesi, quest’ultima, che non lascia dubbi di sorta se si osservano  i movimenti di Salvini che, forte del supporto “lepenista”,  vede la possibilità di appropriarsi di quell’area imbarazzante della destra che la Premier, prima o poi, dovrà “scaricare”. Una operazione tutt’altro che pacificante, oltre che discutibile, ma che i comportamenti del “capitano” nella  questione Vannacci confermerebbero.

E l’ipotesi di cui sopra è ancor più  credibile se si osserva l’immarcescibile Renzi che si affretta a candidarsi per guidare un ipotetico “Centro”, politicamente necessario ma difficilmente realizzabile se ancora una volta , come in altre circostanze (vedi referendum), lui personalizza l’iniziativa. Ma lui, da persona intelligente quale è, questo lo sa;  ma sa anche che in fin dei conti ciò che a lui interessa è semplicemente un posto al sole europeo, utile per arricchire il suo curriculum “professionale” internazionale e che per ottenerlo deve cercar di “razzolare” quei voti che adesso non  ha.

Tutte pessime premesse, sicuramente non atte a convincere gli elettori che queste elezioni meritano di “metterci la testa”!

bottini voto europa – MALPENSA24