Caso Camici, per i pm Fontana sapeva del conto in Svizzera dal ’97. Ha detto il falso?

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MILANO – Secondo i pm di Milano, il presidente della regione Lombardia, Attilio Fontana, sapeva del patrimonio della madre conservato in Svizzera fin dal 1997, quando lei aprì il primo conto con 3 milioni di euro di risparmi (non dichiarati) dopo una vita di lavoro da dentista. Lo riporta l’Ansa.

Fontana sapeva dal 1997?

Ne sono convinti i sostituti Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas e l’aggiunto Maurizio Romanelli, che indagano sul nuovo aspetto del ‘caso Camici’ e sul patrimonio all’estero del governatore. Il ragionamento, che ha portato all’ipotesi di falso in voluntary disclosure e di autoriciclaggio, si basa su due consulenze: una che mette in dubbio la veridicita’ della firma della madre sul secondo conto, aperto nel 2005, e l’altra sui documenti della prima relazione bancaria all’istituto elvetico Ubs. In particolare sul secondo conto, che ha aggiunto circa 2,5 milioni agli iniziali 3 (gestiti da un trust alle Bahamas) Fontana aveva una delega per operare.

Per gli inquirenti i conti non tornano

Al contrario il presidente ha sempre affermato di essere venuto a conoscenza del consistente patrimonio della madre solo dopo la morte di lei nel 2015. E di aver dichiarato al Fisco quei soldi grazie alla voluntary disclosure a cui ha avuto accesso nel 2016. Altro elemento che non torna agli investigatori (in questo caso sono incaricati gli uomini del Nucleo valutario della Gdf per procedere con le indagini) e’ la cifra di circa 2,5 milioni, che si e’ aggiunta al patrimonio di famiglia solo nel 2005, ossia quando la donna era gia’ andata in pensione da 7 anni e percepiva un reddito non superiore ai 25mila euro. Il sospetto, dunque, e’ che quel denaro non sia, come sempre ricostruito, della madre, ma frutto di un’evasione dello stesso Fontana derivante dalla sua attivita’ libero-professionale di avvocato a Varese.

L’ipotesi della procura

A quanto pare e’ stata disposta non solo una consulenza sulla firma della madre per l’apertura del conto del 2005, ritenuta falsa, conto sul quale il presidente lombardo non aveva delega a fare operazioni, ma anche un accertamento affidato ad un esperto sulle firme messe sui moduli relativi al conto avviato nel ’97. Da questa consulenza, come emerge dagli atti anche allegati alla rogatoria inoltrata due giorni fa nel Paese elvetico, risulterebbe che la madre di Fontana firmò il documento originale per l’apertura del rapporto bancario, probabilmente non in Svizzera, e poi il modulo venne scannerizzato e quella versione fu firmata da Fontana per avere la delega ad operare, una firma che, secondo gli inquirenti, fu apposta probabilmente alla Ubs di Lugano. Elementi che per la Procura dimostrerebbero che il governatore era a conoscenza di quei depositi in Svizzera almeno dal ’97, mentre i legali dell’esponente leghista hanno sempre sostenuto che Fontana venne a sapere di quei 5,3 milioni in totale solo nel 2015, quando la madre morì e glieli lasciò in eredità.

Caso Camici, si aggrava la posizione giudiziaria di Fontana. Fu evasione?

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