Ospedale unico Busto-Gallarate, Moratti: «Confermato. Aspettiamo i sindaci»

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ALBIZZATE – «Il nuovo ospedale di Busto-Gallarate? L’investimento è confermato, ora aspettiamo che le amministrazioni locali ci dicano quando intendono procedere con l’accordo di programma». Parola della vicepresidente e assessore al Welfare di Regione Lombardia Letizia Moratti, che questa sera, mercoledì 14 luglio, è intervenuta ad Albizzate al convegno organizzato dall’associazione Caos di Adele Patrini sulla riforma socio-sanitaria lombarda. «Lunedì portiamo il testo della riforma in giunta» annuncia Moratti. «Contiamo di approvare la revisione della legge 23 entro la fine dell’anno» le va dietro il presidente della commissione sanità del consiglio regionale Emanuele Monti.

Il nuovo ospedale

Ma ad Albizzate, in un appuntamento patrocinato da ben 60 sindaci, la questione del nuovo ospedale che accorperà le attuali strutture di Busto Arsizio e Gallarate, non poteva rimanere fuori. E Letizia Moratti, letteralmente “assediata” al termine del suo intervento sulla riforma, non si è sottratta alla domanda del momento. «Il nuovo ospedale? Abbiamo confermato gli investimenti e stiamo aspettando che le amministrazioni locali ci dicano quando intendono procedere con l’approvazione dell’accordo di programma». Insomma, la conferma della delegata alla sanità di regione Lombardia, il progetto «va avanti», ma non solo. «Siamo ovviamente rispettosi del ruolo delle amministrazioni locali» chiarisce Moratti. Forse anche con l’intento di ammorbidire le tensioni che si sono create sotto traccia negli ultimi giorni tra la riunione delle commissioni congiunte di Busto e Gallarate e la nuova lettera che il direttore generale Welfare di Regione Giovanni Pavesi ha recapitato ai due sindaci e al presidente della Provincia di Varese chiedendo di nuovo una risposta sulla deroga al procedimento del dibattito pubblico.

La riforma: più sanità territoriale

Il progetto del nuovo ospedale, aggiunge infine Letizia Moratti, sarà «certamente in linea» con i contenuti della riforma sanitaria. Che prevede, come ha ricordato la vicepresidente nel corso dei lavori del convegno, un forte accento sulla «sanità territoriale e di prossimità». Nel nuovo assetto disegnato dalla riforma ci sarà posto, accanto agli ospedali, per «strutture territoriali di assistenza che consentano di non andare in ospedale se non in casi di assoluta necessità. Come previsto dal Pnrr: Cot, distretti, case di comunità e ospedali di comunità, che concorreranno a garantire la presa in carico in un percorso di continuità assistenziale». Opportunità anche per il territorio del sud della provincia che teme l’impoverimento con la creazione del nuovo ospedale. «Case della comunità è un nome non ci piace tantissimo, magari lo cambieremo con un concorso di idee – rivela l’ex sindaco di Milano – avranno equipe di medici di medicina generale, sulla base di esperienze come quella della cooperativa di Varese a cui guardiamo con grande attenzione, unitamente a medici ospedalieri, psicologi, assistenti sociali, per coprire le esigenze delle persone ma anche dei familiari».

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