di Massimo Lodi
A saperle sfruttare, le elezioni di Sardegna càpitano nel momento giusto per il centrosinistra. Non che abbia già partita vinta, figuriamoci; ma non l’ha persa ancor prima di cominciarla. Una gran novità. Succede che a destra s’accapiglino sul candidato presidente, e la Meloni imponga a Salvini il passo indietro. Il passo indietro significa accantonare il governatore uscente. Accantonare il governatore uscente accredita l’opinione che abbia lavorato male. E se ha lavorato male, perché non provare a sostituirlo con chi promette di lavorare bene?
A sinistra han capito che il gioco vale la candela. Ovvero: mettere da parte i litigi, e tentare l’unità, una volta tanto. Difatti Schlein e Conte, pur continuando a non piacersi, fan finta del contrario e sbarcano insieme sull’isola dal porto largo. Non sono riusciti a estendere l’accordo ai centristi, però l’opportunità di successo esiste ugualmente, almeno secondo i sondaggi. Truzzu (destra) sfida Todde (sinistra). Soru (centro e mix vario) ha un potenziale erosivo di suffragi, di qui e di là. Il match aperto è qualcosa d’inedito, in tempi d’egemonia conservatrice-moderata sulle velleità progressiste-radicali.
Se la Sardegna esprimesse un responso sino a qualche tempo fa inverosimile, la ricaduta toccherebbe le successive regionali d’Abruzzo (marzo), e poi i capoluoghi di regione dove si voterà a giugno, e numerosi comuni. Nelle amministrative si riaffaccerebbe il progetto d’un fronte anti-sovranista, abbandonato dopo lo sconfittone del 25 settembre ’23. Qualora si riuscisse a realizzarlo, ne deriverebbe una conseguenza nazionale. Non a breve, ma nel lungo periodo, quando verremo chiamati al rinnovo di legislatura. L’ostacolo all’archivio delle diatribe e all’inizio di trattative per un patto efficace può essere rappresentato dalle europee. Lì ciascuno – amici e nemici – correrà da solo, in virtù del proporzionale. Siccome il risultato di Strasburgo verrà romanizzato, c’è da capirne il peso sul futuro d’un rassemblement di sinistra a seconda del risultato ottenuto da ciascun partito. Un equilibrio nella distribuzione del consenso aiuterà l’eventuale percorso comune, un disequilibrio non permetterà neppure d’iniziarlo. Ecco perché Schlein e Conte, nel caso in cui credano a un sodalizio pragmatico/duraturo, hanno l’interesse di guadagnare voti sì, ma non l’una a discapito dell’altro. Insomma: per vincere bene bisognerà non vincere troppo, guardando nella prospettiva cui s’è accennato. E se invece dovessero entrambi perdere? Beh, ci sono molte isole, oltre alla Sardegna, dove esiliarsi. Cos’altro fare se all’immaginifico Partito sardo di sinistra si sostituisse il realistico Partito sordo d’azione?