Disabili psichici e rete comunitaria, un libro per il sogno di Quirino Quisi

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BUSTO ARSIZIO – «L’approccio di Quirino nelle cure si basava sul “creare rete”: il paziente psichiatrico doveva essere inserito nella comunità». Rossella Semplici ha così descritto il metodo adottato dal marito, ritratto da Luisa Bove nel libro “Quirino Quisi – Un uomo, un medico in sogno”, uscito a marzo per Erickson. «Quest’opera è un modo per ricordarlo: ha amato molto i suoi pazienti, bisogna recuperare il patrimonio che ha accumulato nel tempo. Se avessimo realizzato una semplice raccolta dei suoi scritti scientifici, nel giro di cinque anni sarebbe divenuta superata».

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Tutelare la dignità umana dei pazienti

Psichiatra di grande sensibilità e acutezza, Quisi è stato un innovatore: «Si occupava soprattutto di quei pazienti che si trovano in uno spazio di confine, cioè non totalmente autonomi ma neanche totalmente disautonomi, magari in grado di avere un lavoro e conservarlo. Tutte le volte che era possibile li faceva partecipare a momenti di svago, cercando di capire cosa potessero fare, e di recuperarli; nel contempo lavorava anche alla creazione di una rete». Mettendo al centro la tutela della loro dignità umana: vide sempre i disabili psichici come persone, prima ancora che come malati.
«Non devono essere abbandonati solo alla cura psichiatrica e farmacologica, e neanche la famiglia va isolata. Quirino, nell’ottica di una cura che coinvolgesse tutta una comunità, aveva stabilito dei contatti tra i Cps, i servizi sociali e le persone. Ci vorrebbe una collaborazione dei medici e del Comune con il volontariato e le associazioni sportive; oggi è però tutto più difficile a causa dei problemi creati dalla pandemia».

Il progetto “Casa Quirino”

L’eredità umana e professionale di Quisi è stata raccolta dal progetto “Casa Quirino”, centro di accoglienza per persone con disabilità psichiche. Lo scopo del libro è raccogliere fondi per realizzarne uno a Venegono Superiore, e sostenere uno spazio in Brasile che continui le iniziative avviate dal medico di Marnate con Ottorino Bonvini.
«Il modello è quello dei villaggi che un gruppo di imprenditori ha costruito prima a Bergamo e poi a Lainate. Avrà come sede il castello che prima apparteneva ai comboniani e sarà aperto sia a giovani che anziani, con spazi come una biblioteca e una sala per film già strutturati per l’integrazione e un aiuto reciproco. Quirino aveva nel cuore il Brasile: ha operato anche a Fortaleza con Bonvini che, tenendo insieme vocazione medica e religiosa, è diventato comboniano. Ora il centro che porta avanti nella favela propone attività come danza, pittura e un laboratorio alimentare».

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Psichiatria comunitaria alla Provvidenza

Anche l’istituto “La Provvidenza” ha ospitato i progetti di psichiatria comunitaria sostenuti da Quisi, primario all’ospedale di Busto: «Negli anni Ottanta e Novanta non si parlava ancora di quanto il paziente psichiatrico abbia bisogno di vivere, si faceva solo l’assistenza. Quirino invece, per sua indole, con i malati di Alzheimer ha svolto proprio le attività che si compiono oggi in una casa di riposo e che diamo per scontate, aiutando il ricordo attraverso le ricette, il lavoro a maglia o la coltivazione dell’orto».
Dopo l’abilitazione ottenuta nel 1977 Quisi, che è scomparso tre anni fa, si mise subito a lavorare nel pubblico; raggiunta la pensione nel 2008, continuò a seguire i malati psichici attraverso la libera attività. «La particolarità di Quirino – ha sottolineato Semplici – fu che si dedicò alla sua crescita non solo professionale, ma anche personale: partecipava a concorsi, suonava la batteria e scriveva moltissimo, pubblicando tra le varie cose anche un libro di racconti. Era convinto che la psichiatria non si potesse affrontare solo dal punto di vista scientifico, ma richiedesse anche un ampio spessore umano, e che prendersi cura del paziente significasse anche prendersi cura della sua rete familiare».

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