Rescaldina criminale, Ielo: «Fenomeni di ampia portata. Bene la task force»

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RESCALDINA – Parla di lettura dei fatti «riduttiva se si punta il dito sul singolo comune» e plaude all’istituzione di una task force dedicata contro lo spaccio nei boschi come annunciato dalla Procura di Busto Arsizio, «anche se l’ho appreso dai giornali». Gilles Ielo, sindaco di Rescaldina eletto nel 2019 con la lista di centrosinistra Vivere Rescaldina (alla guida del Comune dal 2014), commenta a Malpensa24 i gravi e ravvicinati fatti di sangue che hanno investito il paese, proiettandolo più volte in pochi giorni nelle cronache nazionali.

Sindaco Ielo, che cosa sta succedendo a Rescaldina?

«Al di là dei casi estremi, come i recenti episodi, registriamo un aumento del disagio sociale, a partire dalle domande ai servizi sociali. Questi due anni di pandemia stanno lasciando il segno nella società civile. Non posso certo dire che sia tutto tranquillo, anzi: c’è disagio a 360 gradi, per le difficili condizioni economiche e sociali. La gente su questo non ha mai dedicato un pensiero, ma stare rinchiusi in casa per un lungo periodo ha fatto emergere situazioni al limite, ad esempio nelle convivenze familiari».

Tutto effetto della pandemia e dei lockdown, dunque?

«Sui casi specifici, le tempistiche ci hanno fatto andare alla ribalta delle cronache con due fatti importanti, ma con una netta differenza. Sul femminicidio è evidente che non avevamo alcun segnale, né la possibilità di intercettare questa situazione. Si trattava di due persone che avevano preso residenza a Rescaldina non più di un anno fa, e che non erano attive nel tessuto sociale del paese. Anche se il giorno dopo la notizia del delitto tutti qui dicevano di averli incrociati, non erano persone conosciute in paese.

«Rimane un fatto gravissimo per le modalità cruente, ma nel contesto di una problematica che abbiamo come Paese Italia: un problema culturale che investe la violenza e la condizione della donna. Particolarmente cruento è stato anche il percorso di depistaggio messo in opera da Fontana. La questione vera è che rimane un femminicidio, con una ragazza che ha subìto una doppia violenza: la morte e, nei giorni successivi, quella alla sua immagine, ulteriormente deturpata con titoli sulla “pornostar” e un’accezione negativa sulla sua figura. Su questo bisognerebbe fare un ragionamento culturale, sulla violenza fisica e su quella morale che molte donne subiscono quotidianamente».

E per quanto riguarda l’esecuzione dello spacciatore?

«Rientra in una dinamica presente e ben conosciuta dall’Amministrazione e dalle forze dell’ordine. Sappiamo che esiste questa realtà nelle aree boscate del nostro paese. Ritengo però riduttivo definirla una problematica solo rescaldinese: simili avvenimenti si registrano anche in altri comuni. È un problema di tutta la cintura dell’hinterland milanese, da Marnate a Castellanza, da Garbagnate al parco Rogoredo, sviluppatosi in seguito alla rigenerazione urbana del centro di Milano. Mentre questo è tornato vivibile, dalla Darsena a piazza Vetra, il fenomeno si è spostato nelle periferie e oggi ne è interessato tutto l’anello intorno a Milano».

Che cosa pensa della task force antispaccio annunciata dalla Procura di Busto Arsizio?

«Proprio per quello che ho appena detto, mi fa piacere che la Procura intenda affrontare questo problema in modo più ampio. Auspico che le parole del Procuratore Nocerino si concretizzino in atti. Ad oggi nessuno mi ha interpellato, ma da parte mia ho avviato un confronto con le forze dell’ordine, in particolare i carabinieri, sia la Stazione locale che la Compagnia di Legnano da cui dipende. Non si dicono sorpresi dall’accaduto perché la dinamica rimanda a un episodio simile di qualche anno fa, sempre nell’ambito della lotta per la spartizione del territorio».

Come risponde alle critiche sulla insicurezza nel territorio del suo comune?

«La nostra è un’azione limitata, come la competenza. La Polizia locale non può intervenire nei boschi dello spaccio. Sono le altre forze dell’ordine che conoscono bene chi, cosa e dove. Come Amministrazione puntiamo su attività che facciano vivere quei luoghi, anch’esse penalizzate dal periodo di lockdown, come passeggiate di gruppo, la pulizia dei boschi, biciclettate, visite lungo i percorsi ciclabili: tutto sospeso da due anni e mezzo.

«L’ultimo episodio si configura come un regolamento di conti, dunque interno a quel mondo. Non è una dinamica di aggressione alla società. L’omicidio è avvenuto in una zona poco battuta dallo spaccio, un’area scoperta, dov’è stato fatto un lavoro di pulizia ai margini della strada. Dal prossimo mese sarà chiusa la strada che passa nei boschi per Gerenzano: così l’Amministrazione agisce sulla fonte del mercato, cioè sulla richiesta di stupefacenti».

Quali altre azioni intende mettere in campo la sua Amministrazione per contrastare la criminalità?

«Abbiamo l’annoso problema di essere terra di confine, divisa tra due prefetture, Varese e Milano. Lavoriamo con i Comuni contermini e in Regione Lombardia, a fronte del possibile ampliamento del centro commerciale, nel 2019 abbiamo presentato un progetto per interventi sul territorio proprio nell’ottica non di fare opere viabilistiche, ma di rendere più fruibili i boschi, con ciclabili da costruire in collaborazione con Marnate, Gorla, Castellanza, Uboldo, Cislago e Gerenzano.

«Un altro progetto ha riguardato i locali della stazione ferroviaria. Anche lì l’Amministrazione non ha competenza per fare un’azione di polizia, ma possiamo fare un’azione di monitoraggio del fenomeno e andare alla fonte del mercato, sul consumatore, ragazzi che arrivano anche da altre province, e lavorare su di loro attraverso i servizi sociali e la cooperativa Albatros, la stessa che ha lavorato sul parco di Rogoredo. La nostra è una realtà più complessa, il Bosco del Rugareto è interno al Parco Pineta che arriva fino ad Appiano Gentile e alla Valle Olona. Se le maggiori attività di spaccio si concentrano qui, è perché quest’area è prossima ai centri abitati».

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