Se questo non è Olocausto: la distinzione tra genocidi

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Fosse comuni in Ucraina: come non ricordare l'Olocausto?

di Massimo Lodi

“Le nostre storie hanno qualcosa in comune. Durante la Seconda guerra mondiale erano i nazisti che imperversavano. Volevano distruggere gli ebrei, la soluzione finale contro il vostro popolo. Nessuno dimenticherà l’Olocausto, adesso ascoltate le parole del Cremlino: soluzione finale del problema ucraino, gli stessi termini”. Così Volodymyr Zelensky ha parlato agli israeliani. Ne chiede sostegno concreto: aiuti in armi per il suo Paese, grevi sanzioni economiche ai russi. Ricorda ch’egli stesso ha familiarità ebraica e l’unica donna a essere stata premier d’Israele fu Golda Meir, nata a Kiev.

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Massimo Lodi

Insiste: il primo ministro Naftali Bennett continui a negoziare, ma scegliendo con chi stare. I deputati della Knesset meditano. A destra si obietta, sostenendo che uccisioni, stupri, deportazioni e quanto di peggio accade agli ucraini non sono paragonabili alla Shoah. Anzi, ci si offende all’idea dell’equiparazione. Distinguono quelli del Likud di Benjamin Netanyauh, in linea con l’ex ministro Yuval Steiniz: Zelensky afferma che gli ucraini hanno fatto la scelta 80 anni fa di salvare gli ebrei, ma dimentica quelli tra loro partecipanti ai massacri. Sarebbe come argomentare, se noi fossimo nelle disperate condizioni degl’invasi da Putin: è vero che durante la Seconda guerra mondiale evitammo il sacrificio di molti ebrei e la guerra partigiana ci liberò dal nazifascismo, ma non dimentichiamo che una parte di connazionali si accanì su di essi, odiosamente emarginandoli, deportandoli, assassinandoli.

Prende cappello il celebre scrittore David Grossman, declinando il tema in altro modo. Critica il suo governo per aver esitato nell’accogliere gli esuli ucraini non di origine israelitica. “Provo vergogna, questa è una nazione nata dalle mani dei rifugiati, com’è possibile in questi momenti ragionare su come mantenere il carattere ebraico dello Stato?”.

Domani, 22 febbraio, il Parlamento di Roma ascolterà l’intervento di Zelensky, fra annunciate riserve e stupefacenti invocazioni di “par condicio”: il grillino Grimaldi vorrebbe per esempio che si ascoltasse anche Putin. Nell’attesa – e riletto Primo Levi, che reduce da Auschwitz scrisse: “Se questo è un uomo”- viene naturale domandarsi cosa aspetta qualunque israeliano (ed eventualmente italiano) a dire oggi, sapendo delle mattanze di Dniepr, Leopoli, Mariupol eccetera: “Se questo non è un genocidio”. Lo sterminio della ragione non ha epoca, colore, esclusiva.

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