Sinistra, c’è il popolo. Non il capo

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Cosa avranno da dirsi Elly Schlein e Giuseppe Conte?

di Massimo Lodi

E adesso, a sinistra? Adesso si ricomincia non da zero, com’era prima delle elezioni in Sardegna e Abruzzo, ma da qualcosa ben oltre lo zero. Nell’ordine.

1) le due consultazioni dimostrano che esiste un popolo della speranza capace di contrapporsi al popolo della paura, per citare lo scrittore Antonio Scurati. Può vincere, è capitato nell’isola. Può perdere, è capitato fra l’Adriatico e il Gran Sasso. Però c’è.
2) questo popolo non aspetta altro che di venir chiamato seriamente alla prova. Seriamente significa presentargli candidati autorevoli -Todde e D’Amico, figure di profilo alto/empatico, lo sono stati- e farli sostenere da un’alleanza armonica. Armonica uguale in sintonia con sé stessa. Ovvero: chi vi partecipa deve dare anziché chiedere. Con un obiettivo comune, superiore agl’interessi di parte.
3) i punti 1 e 2 banalmente rievocano l’incipit che avviò l’Ulivo prodiano, capace -un miracolo- di battere il Berlusconi vincitutto dell’epoca d’oro. Se fu portata a termine quell’impresa, sembra possibile in prospettiva la replica. Perché l’underdog non è il Cavaliere.
4) La remuntada di consensi in Abruzzo, quasi il venti per cento nel giro d’un quinquennio, testimonia dell’attendibilità di quanto ora accennato. Ma il trasferimento dell’operazione dal livello locale a quello nazionale impone accortezza, lungimiranza, pragmatismo. E unione vera, non sintesi di facciata con ripetute fughe di opportunistico smarcamento.
5) Un nuovo/eventuale patto progressista dà oggi le carte in mano alla Schlein più che a Conte. Il Pd guadagna favore sia in Sardegna sia in Abruzzo, i Cinquestelle discendono la china. Se il voto europeo di giugno confermerà la tendenza, Conte ha da scordarsi il ruolo di federatore dell’area anti-destra, ch’egli giudica dovutogli in ragione di non si sa bene cosa. Ma ha da scordarselo pure la Schlein. C’è bisogno d’una figura terza, come fu appunto Prodi al suo tempo. O come potrebbe essere un piddino, piuttosto che un esponente della società civile in sintonia con l’area Dem, capace d’includere centristi e grillini nella stessa coalizione.
6) Propedeutico all’FFR -Futuro Fronte Riformista- è infine, ma bisognava dirne all’inizio, la convergenza programmatica. Non una vecchia/logora formula, e invece un attuale/indispensabile mantra: è inimmaginabile che su politica economica, politica estera, politica sociale resistano disparità di giudizio incomprensibili agli occhi degli elettori. I quali pretendono idee chiare, propositi comuni, messaggi semplici. Se no, si torna allo zero. Perfino al sottozero.

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