Spaccio nei boschi, i sindaci chiedono aiuto anche ai parroci. Summit a Sumirago

Un momento del summit di Sumirago

SUMIRAGO – Non è più solo una questione di repressione. Il problema è tanto diffuso quanto complesso e i sindaci della Valbossa, ma anche di Brunello, Sumirago, Mornago, Casale, Inarzo, Besnate, Albizzate, Vergiate, Cavaria e Jerago chiedono aiuto anche ai parroci: «Bisogna riaprire gli oratori, alcuni ancora chiusi dopo i lockdown, ma soprattutto occorre dare un’alternativa ai nostri ragazzi». Questo uno dei messaggi emersi durante il summit nella Sala degli Stemmi del municipio di Sumirago, convocato dal prefetto Salvatore Pasquariello oggi (giovedì 1 dicembre) alla presenza anche di tutte le forze dell’ordine.

Situazioni di degrado umano

Da Buguggiate a Vergiate passando per Brunello, Albizzate, Sumirago, Azzate, Daverio, Crosio, Mornago, Jerago, Besnate, Cavaria, Inarzo non c’è sindaco che non abbia dovuto affrontare la piaga dello spaccio nelle zone boschive del territorio. Un fenomeno che, chi più chi meno, ha toccato tutti i Comuni della fascia intermedia della provincia. Questo a conferma che non c’è zona boschiva del Varesotto “immacolata”. Ed è proprio la diffusione dello spaccio al minuto che sta creando molte difficoltà. Alle forze dell’ordine in primis, ma anche agli amministratori.

«Ho visto – spiega il sindaco di Mornago Davide Tamborini – in uno dei controlli che vengono effettuati, un giovane padre con a bordo due figli piccoli andare a comprare la dose di droga». E ancora: «Possiamo mettere in campo molteplici strategie – ha spiegato il comandante della polizia locale di Azzate Rino Portogallo – ma, nel caso dei pusher, si tratta di gente che non ha nulla da perdere. C’è chi vive e dorme nei boschi, a noi è capitato di inseguire due spacciatori che hanno abbandonato il bivacco e sono fuggiti a piedi nudi buttandosi tra i rovi e facendo perdere le loro tracce». Due esempi che ben fotografano i due volti della disperazione che ruota attorno allo spaccio.

Cambiare strategia

Il problema è di tutti. Quindi ognuno deve essere parte della possibile soluzione. «Nessuno può pensare di risolvere la questione da sé – hanno sottolineato Tamborini e Marco Colombo di Daverio – serve un gioco di squadra». Una collaborazione ancora più stretta tra amministratori, forze dell’ordine, ma anche associazioni che lavorano a stretto contatto con i giovani e il disagio giovanile.
«Non possono chiamarsi fuori nemmeno le parrocchie e i parroci – ha detto Graziano Maffioli, sindaco di Casale Litta – Gli oratori devono tornare a essere luoghi aperti a tutti». A rafforzare il suo pensiero anche Yvonne Beccegato: «I ragazzi dopo i lockdown hanno la necessità di avere un luogo in cui trovarsi». Tutti sono concordi che occorre mettere in campo alternative di prevenzione a partire dalla costruzione di reti istituzionali, ma anche sociali. «Se da un lato – questo quanto emerso – non bisogna abbassare la guardia sulla repressione, dall’altro bisogna lavorare sul coinvolgimento degli adolescenti». E che si debba tornare a costruire “paletti sociali” di riferimento lo sostiene anche Raffaele Catalano, assessore alla Sicurezza di Varese che porta l’esperienza di un progetto attivato all’oratorio San Vittore nel capoluogo dove la parrocchia, insieme a un’associazione lavora sulle tematiche dei giovani.

Il tema è lo spaccio nei boschi, ma si finisce a parlare di giovani e giovanissimi. Sembra strano, ma non è così. Primo: si è abbassata la fascia d’età di chi fa uso di sostanze stupefacenti; secondo: i luoghi dello spaccio si sono allargati a dismisura. Anzi, i posti cambiano con moltissima frequenza e i pusher si spostano da un bosco all’altra, da un Comune all’altro. Motivo di questo nomadismo? Logistici, ma anche dovuto alla presenza delle forze dell’ordine.

E in tutto questo non si devono sentire “estranei” i cittadini. Molti dei quali, infatti, segnalano situazioni anomale. «Ci arrivano messaggi e foto – dicono diversi sindaci e assessori presenti – chiedono di tenere coperto il loro nome. E spesso partiamo da lì con gli agenti di polizia locale». Altro tasto dolente: «Chi li ha – dice un sindaco – è fortunato». Ma non ne ha a sufficienza: «Purtroppo non possiamo fare miracoli», confermano tutti.

L’importanza della presenza sul territorio

Dall’incontro emergono anche una serie di certezze nella lotta contro lo spaccio nei boschi: la presenza delle forze dell’ordine, non solo è stata certificata da sindaci e assessori, ma è anche efficace. Anzi, spesso basta un passaggio degli uomini in divisa per far levare “tacchi e bivacchi”. Ed è per questo che i sindaci hanno chiesto più sinergia, più rapidità nel far girare le informazioni.

spaccio – boschi – droga – sumirago – MALPENSA24