Una buia notte sul Medio Oriente

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di Ivanoe Pellerin

Cari amici vicini e lontani, di fronte alle incalzanti e drammatiche notizie che provengono dal Medio Oriente occorre avere le idee chiare. Come ha ben scritto Giuliano Ferrara sul Foglio di sabato 13 e domenica 14 “Si scrive Iran, si legge terrore.” Credo che su questo possiamo convenire. Dalla fondazione dell’Iran, dopo la rivoluzione islamica del 1979 (ahimè benedetta anche da alcuni paesi occidentali), il governo teocratico del paese ha sostenuto, sostiene, esporta e sovvenziona il terrorismo islamico sia in modo esplicito, fornendo copertura, armi e capitali ad Hamas ed a Hezbollah, sia sottotraccia agli Houthi dello Yemen e a gruppi che operano in giro per il mondo.

La politica dell’Iran ha per scopo esplicito ed evidente, dichiarato in molti modi, non solo la cancellazione dello Stato di Israele, “dal fiume al mare”, ma anche l’intenzione sempre più evidente di colpire la presenza dell’occidente e, in particolare, dell’odiato nemico americano. Il Times di Londra, alcuni giorni or sono, ha documentato una serie di passaggi di denaro dalle casse del regime iraniano a quelle di Hamas, dal 2014 al 2020, per un valore di 200 mln di sterline. I nostri valori, la nostra cultura, persino la nostra storia non si conciliano con la visione del mondo del governo sciita iraniano, visione che peraltro risale ad un migliaio di anni fa.

Il lancio di 170 droni, 120 missili balistici e 30 “cruise” partiti sabato notte per abbattersi su Israele non sono stati solo una risposta all’attentato alla sede del consolato iraniano a Damasco che ospitava la dirigenza di Hamas, lancio annunciato ad alta voce con un anticipo di 72 ore, ma il tentativo di provocare la risposta israeliana e quindi di innalzare la tensione nell’area, già molto elevata. In realtà l’abbattimento del 90% degli ordigni è stato di fatto un’evidente vittoria di Netanyahu. Gran parte del merito però è da riconoscere agli americani che hanno contribuito sia a neutralizzare l’offensiva iraniana, sia di fatto ad avvertire l’Iran che un altro attacco feroce ad Israele comporterebbe non solo la reazione israeliana ma anche quella degli USA. È stata anche la dimostrazione che, in poche ore, Washington ha saputo coagulare una coalizione franco-anglo-americana.

Non si deve sottolineare ma, alcuni stati arabi sunniti, fra i quali la moderata Giordania, hanno partecipato all’operazione di difesa. I sistemi antimissile israeliani Iron Dome (Cupola di ferro) e gli Arrow 3 hanno dimostrato non solo tutta la loro efficienza per la protezione del territorio israeliano ma anche la possibilità che l’ombrello difensivo, messo in opera con il contributo dei paesi occidentali, possa operare anche per quelle nazioni che, un domani, potrebbero essere prese di mira dalla politica offensiva dei vari gruppi terroristici sostenuti dall’Iran. Dunque, la novità sul piano politico è che gli accordi di Abramo potrebbero resuscitare. Forse.

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Ivanoe Pellerin

Ora la mano passa ad Israele. Benjamin Netanyahu deve dimostrare di saper cogliere gli aspetti sostanziali di questa situazione e di saper controllare le posizioni estreme sostenute dai partiti dell’estrema destra presenti al governo. Anche il ministro della difesa Yoav Gallant, che viene considerato un possibile pretendente alla leadership di un futuro governo d’Israele in caso di elezioni, che ha visitato la batteria degli Arrow che hanno intercettato i lanci dall’Iran, ha affermato: “C’è l’opportunità di formare un’alleanza strategica contro la minaccia iraniana”. Ha poi osservato che sulle “testate di quei missili ci potevano essere ordigni nucleari“.

Il ministro Benny Gantz, generale già a capo dello stato maggiore delle forze di difesa israeliane dal febbraio 2011 al febbraio 2015, uno dei principali leader dell’opposizione (del partito centrista Blu e Bianco), che dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre è entrato a far parte di un governo di unità nazionale ed è stato nominato membro del “gabinetto di guerra”, anch’egli “competitor” del primo ministro, ha sollecitato la nascita di una coalizione regionale contro la minaccia dell’Iran. Ha poi affermato che Israele non ha ancora portato a termine i suoi compiti: “…il ritorno delle persone rapite e l’eliminazione delle minacce per gli abitanti del nord e del sud“. È lo stesso Gantz che, mercoledì 3 aprile, nel corso di un intervento in televisione, ha chiesto che nel paese siano indette elezioni anticipate il prossimo settembre. Come si può constatare nei governi dei paesi liberi le voci e le intenzioni possono essere profondamente diverse. Si potrebbe dire: “È la democrazia, bellezza!”

Joe Biden sta cercando di frenare Benjamin Netanyahu circa una possibile ritorsione nei confronti dell’Iran. Nella circostanza ha ribadito il sostegno “incrollabile” dell’America circa la sicurezza di Israele e la condanna nei “termini più duri” dell’attacco “senza precedenti” dell’Iran. Il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale John Kirby ha confermato: “…non vogliamo un’escalation e non vogliamo una guerra con l’Iran.” Intanto i fatti sul campo sono questi: la 98° divisione dell’esercito israeliano ha lasciato Khan Younis al centro della striscia di Gaza; resta solo la brigata Nahal a presidiare il corridoio che va da est, alla frontiera con Israele, al Mediterraneo e che divide in due la striscia; il ministro Gallant ha dichiarato che si sta creando un’opportunità per la liberazione degli ultimi ostaggi tenuti a Gaza; David Barnea, il capo del Mossad, sta negoziando una nuova intesa; si stanno creando le condizioni per favorire al meglio possibile gli aiuti umanitari.

Cari amici vicini e lontani, le faccende mediorientali sono davvero drammatiche e qualche volta è difficile riconoscere i buoni e i cattivi. Gli odi, i massacri e le terribili continue violenze fanno sì che il groviglio sia per certi versi irrisolvibile. Nonostante ciò l’occidente non può chiudere gli occhi di fronte alla barbarie, di fronte alle minacce alle nostre democrazie, ai nostri valori, alle nostre libertà. Affermato ciò, tutti gli uomini di buona volontà devono sentirsi impegnati a cercare una possibile soluzione nonostante il buio della notte.

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