Una classe politica senza vergogna

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Sarebbe sufficiente la dichiarazione di Renato Brunetta, che ha sbattuto la porta in faccia a Silvio Berlusconi e a Forza Italia, per commentare e sintetizzare i veri motivi della crisi di governo: “E’ stato da irresponsabili anteporre l’interesse di parte all’interesse del Paese, in un momento così grave”. Poi ciascuno può girarla come meglio crede, ma c’è poco da aggiungere al fatto che i partiti, a cominciare dai Cinque Stelle per arrivare alla Lega e, appunto, a Forza Italia, abbiano valutato e privilegiato gli effetti elettorali delle loro scelte contro Mario Draghi rispetto alle conseguenze pratiche di una decisione che rischia di lasciare l’Italia in braghe di tela. Potremmo chiuderla qui, evitando altre considerazioni sullo psicodramma di una classe politica che ha “licenziato” il premier migliore che poteva e può esprimere con motivazioni che, da qualunque parte le si prendano, non bastano a giustificare il tutti a casa anticipato.

Qualcuno l’aveva previsto: la maggioranza arcobaleno non arriverà in fondo alla legislatura, troppe le spinte contrapposte, troppi i motivi che indurranno le segreterie a staccare in anticipo la spina quando, alle viste, ci saranno le elezioni. I più coinvolti sono le formazioni di centrodestra, Lega e berlusconiani, obbligati a ragionare in funzione di Fratelli d’Italia, che, dall’opposizione a Draghi, hanno occupato spazi elettorali molto vasti. In gioco c’è la leadership dello schieramento, ora, secondo i sondaggi, nelle mani di Giorgia Meloni. Silvio Berlusconi e, soprattutto, Matteo Salvini, impegnati nel sostegno al governo e, obtorto collo, chiamati a scelte anche impopolari, non possono concederle ancora strada. Dunque, meglio ammutinarsi, abbandonare la nave draghiana e riconsiderare subito l’alleanza di centrodestra come ineludibile e indispensabile. Col sostegno delle indagini sulle intenzioni di voto che, infatti, accreditano al centrodestra una vittoria a mani basse.

Sul fronte opposto, sembra definitivamente tramontato il campo largo di Enrico Letta. I Cinque Stelle hanno di fatto rotto il patto, imboccando la stretta via dello scontro per lo scontro. In altri termini, sempre in favore delle urne, cercano di tornare alle origini, riaffermando l’identità da sfasciacarrozze che aveva loro regalato i trascorsi successi. Questione identitaria in evidenza per grillini e partiti di centrodestra, in spregio alle necessità concrete di un Paese che ha davanti a sé immediate incombenze epocali e decisive per il proprio futuro. Impegni impellenti e situazioni da gestire con pieni poteri per evitare il precipizio economico. Basti pensare all’inflazione, al prezzo del gas e della benzina, allo spread, al Pnrr, alla legge di bilancio, alle aspettative europee, alla guerra, alla pandemia. Tutto in secondo piano. Con un calcio agli appelli di associazioni, categorie imprenditoriali e sindacali, gruppi di cittadini, sindaci, schierati per la continuità e la stabilità.

Un gran bel risultato alla luce della fuga collettiva dalle responsabilità: le colpe sono sempre di qualcun altro. Probabilmente errori ne ha commessi anche lo stesso Draghi, il quale, essendo un tecnico e non un politico puro, non conosce a menadito l’arte della mediazione. Quella di scuola democristiana, per intenderci. Il dire e il non dire, il blandire, il temporeggiare. Un uomo tutto d’un pezzo. Benché sullo sfondo facciano capolino i suggerimenti e le pressioni del Partito democratico, forse non del tutto disinteressati. Forse. Ciò che appare certo è che se nessuno ha il coraggio di metterci la faccia, le colpe alla fine sono di tutti, non affatto di nessuno. Ci sovviene Fabrizio De Andrè; “… anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”.

Così l’Italia è oggi un vascello senza il comandante. Soprattutto senza una rotta. E il mare è pieno di scogli, solcato da un sistema partitico inadeguato, pieno di falle, da rivedere da cima a fondo. Se un giornale (La Stampa) oggi titola a tutta pagina Vergogna, di sicuro ha mille ragioni. E interpreta il sentimento generalizzato di un intero Paese. Appunto, Vergogna!

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