VISTO&RIVISTO La dolorosa e pericolosa ricerca delle proprie radici

minchella martone nostalgia
Piefrancesco Favino in un momento del film di Mario Martone

di Andrea Minchella

VISTO

NOSTALGIA, di Mario Martone (Italia- Francia 2022, 117 min.).

Difficile esprimere un giudizio lineare, chiaro, risolutivo. Martone con “Nostalgia” realizza un’opera unica, inedita. Napoli diventa la vera protagonista della vicenda che vede Felice, Pierfrancesco Favino mai così trascinante, ritornare dopo quarant’anni nella sua città, che nel Rione Sanità esprime in maniera plastica e didascalica tutte le sue contraddizioni, la sua violenza e la sua labirintica oppressione.

Tratto dal romanzo di Ermanno Rea, “Nostalgia” lascia confusi e frastornati i suoi spettatori. Martone costruisce un viaggio intimo e malinconico che prima o poi tutti siamo costretti a fare. Il viaggio verso le nostre origini, verso le nostre radici, è un viaggio che scardina e scuote i lati più nascosti del nostro io. Il viaggio verso ciò che siamo stati è un viaggio che ha a che fare, direttamente o indirettamente, con la morte e con gli incubi della nostra esistenza. Felice compie un viaggio a ritroso per ritrovare qualcosa che gli appartiene, per ritrovarsi in un labirinto pericoloso e oscuro. “Nostalgia” è un pugno dritto in pancia. Ma è anche una carezza materna che può alleviare le nostre paure e i nostri fantasmi.

L’azione di Felice di lavare l’anziana madre, una gigantesca Aurora Quattrocchi, diventa un’ancestrale fonte di emozioni e di gioia che proietta l’intera sequenza dentro il cuore di ogni spettatore che ha avuto la preziosa fortuna di essere amato dalla propria madre. La dolcezza di Favino nel lavare il corpo esile e indefinito della piccola mamma scandisce il ritmo universale dell’umanità intera e della sua capacità di amare ed essere amata. Martone trasforma una difficile emozione in una delle scene più poetiche e intime che si siano mai viste sullo schermo. Napoli e tutto il mondo fuori.

Martone segue Rea e ambienta la vicenda nel Rione Sanità dove le anime entrano ma non possono più uscire. Rimangono intrappolate tra i vicoli, le strettoie, le scalinate ripide di un pezzo di Napoli dove non esistono le regole che invece scandiscono la vita del resto del mondo. Queste strade sono senza pietà, senza umanità, diverse dalle strade raccontate in “Gomorra”. Qui c’è la morte. Quella vera. Qui c’è la vendetta. Quella cieca. Solo la chiesa di Don Luigi sembra essere una trincea dove si riesce a sopravvivere lontani dalla follia criminale dilagante. I ragazzi che “bazzicano” quella chiesa, forse, un giorno potranno raccontare di essersi salvati. Forse. Il racconto di Rea, prima, e di Martone, poi, fornisce poche speranze alle anime che si aggirano per quelle strade. Solo se te ne vai, come è stato costretto a fare Felice quando aveva quindici anni, puoi salvarti. Ma non devi guardarti indietro. Non devi avere il desiderio di andare a cercare le tue origini, o di andare a risvegliare le tue radici. Il tuo passato non è disposto a fare sconti di nessun tipo.

“Nostalgia” è un’opera profonda che non cerca in nessun modo di addolcire gli angoli netti e taglienti di una realtà cruda che diventa epica della miseria e della povertà. Felice vuole riappropriarsi di una vita che si è basata sulla menzogna e sulla vile fuga. Felice vuole fare i conti con il passato. Ma ciò che si desidera non sempre viene accettato da tutti. Una terra difficile e piena di odio e violenza non conosce le sfumature e i dettagli che rendono la vita di ognuno preziosa, unica e irripetibile. Dove tutto ha un prezzo, anche la vita può avere un peso limitato, soprattutto nell’economia della violenza o della paura.

Martone, dunque, compie un’operazione complicata e trasforma un romanzo duro e limpido in un racconto malinconico e carico di inquadrature asfissianti di una città nascosta, buia e irriconoscibile. Il caos di Napoli, qui, lascia il posto alla ferocia delle vite che si dipanano nei vicoli impervi e labirintici del Rione Sanità.

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RIVISTO

NAPOLI VELATA, di Ferzan Ozpetek (Italia 2017, 113 min.).

Ozpetek realizza un contorto racconto dentro una Napoli bella ed enigmatica. Giovanna Mezzogiorno e Alessandro Borghi si muovono in una storia complessa di arte, di esoterismo, di morte e di desiderio.

La Napoli del film diventa un personaggio a sé e ingloba e divora le vite schizofreniche e misteriose dei protagonisti. Da rivedere per scoprire, ogni volta, la bellezza epica ed universale di Napoli.

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