VISTO&RIVISTO La politica, le promesse, il potere e le bugie

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di Andrea Minchella

VISTO

LA PROMESSA- IL PREZZO DL POTERE, di Thomas Kruithof (Les Promesses, Francia 2021, 98 min.).

Non ci sono dubbi. I francesi ci sanno fare. Se si tratta di commedia, o di raccontare una realtà o un disagio, i nostri cugini d’oltralpe riescono quasi sempre a centrare l’obiettivo, riducendo la storia al motore principale delle loro opere, evitando inutili retoriche ed eccessivi addobbi scenografici. La cinematografia francese sembra essere pronta a raccontarci tutte le sfaccettature di un problema, di una vicenda, che diventa spesso cifra narrativa del mondo in cui viviamo.

Il bravo Thomas Kruithof, dopo il sublime “La Mécanique de l’Ombre”, confeziona un piccolo ma potente racconto della politica attuale, contemporanea, che sembra prendere spunto dall’attualità più recente. La “politica” del film diventa simbolo delle debolezze e dei limiti umani, diventa l’unico antidoto alla giovinezza che ci sfugge di mano e che ci rende disposti a tutto pur di avere l’illusione di “contare” ancora qualcosa nella società. La “politica” del film diventa un flusso di coscienza, non sempre limpida, dei protagonisti che, mossi dallo stesso senso civico, compiono però azioni diverse e con modi non sempre legittimi. “La Promessa” è un intenso ritratto di come dovrebbe essere la politica e dei rischi che si corrono quando il mondo in cui operiamo è complesso e sproporzionato nella redistribuzione delle ricchezze.

Le sacche di povertà e di indigenza diventano, infatti, terreno fertile per la buona e per la cattiva politica, dando vita a speranze ed illusioni che quasi sempre si scontrano con la miopia o l’incapacità dei politici a svolgere le loro funzioni. Isabelle Huppert archivia nella sua “camera dei ruoli” un altro personaggio delineato, convincente e sincero. La sindaca Clémence racchiude in se tutte le contraddizioni e le sfumature caratteristiche del politico “di trincea” che non sa rifiutare l’idea di una carica più prestigiosa per migliorare la propria azione ma anche la propria posizione. L’idea di passare da un comune di periferia al governo nazionale metterebbe in crisi chiunque. La lente di Kruithof, senza dare giudizi, insiste sulle dinamiche intime ed umane di chi svolge la sua missione in maniera impeccabile pur desiderando di allargare maggiormente la propria area di influenza.

Ma proprio il desiderio di migliorarsi e di ingrandirsi mette in atto una serie di difficoltà che renderanno la solida e forte Clémence vulnerabile ed incerta. Il bravissimo Reda Kateb, che qui interpreta il capo di gabinetto della sindaca, diventa la coscienza di Clémence, e cerca di applicare alla realtà le regole teoriche della buona politica. Yazid, che arriva dal quartiere popolare Bernardins, al centro della vicenda del film, vuole a tutti i costi che quel distretto venga riqualificato con i soldi del governo centrale.

Pur di andare contro le perplessità dell’integerrima sindaca, Yazid svolge la sua missione senza compromessi né scorciatoie. La contrapposizione delle diverse visioni si trasforma in un detonatore che sta alla base di tutti i compromessi politici che scandiscono la vita quotidiana di ognuno di noi. Il regista, senza eccessivi movimenti di macchina, riesce a scrutare e tracciare tutte le sfumature della vita, comunque complicata e delicata, di ogni politico. La vicenda che Kruithof ci racconta diventa una narrazione universale che mette in risalto luci ed ombre di una delle professioni, a volte missioni, più complicate dell’uomo. Che si tratti di un consigliere comunale o del presidente della repubblica.

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RIVISTO

IL PORTABORSE, di Daniele Luchetti (Italia 1991, 90 min.).

Daniele Luchetti, con un anno di anticipo, catapulta la tranquilla e sognatrice Italia nel periodo storico più travagliato e frustrante degli ultimi cinquant’anni: “mani pulite”. Se fino a quel momento la mala politica, nell’immaginario collettivo, rimaneva solamente uno sfogo retorico nei bar e nei circoli del dopo lavoro, ora le nefandezze della politica acquisivano un volto, quello tranquillo e rassicurante di Nanni Moretti, e un chiaro e reale riferimento storico.

Daniele Luchetti esegue un ritratto angusto e dettagliato della politica contemporanea, trasformando ogni tranello e ogni mazzetta in una prassi obbligatoria e necessaria. Moretti cinico e affascinante ministro e Silvio Orlando illuso e impacciato assistente diventano una coppia inedita e straordinaria in un racconto molto attuale, troppo, che ancora oggi ci dona un’analisi politica e sociale preziosa e sincera. Da rivedere.

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